CHIARA CURIONE “SCRITTRICE DI CUI ESSERE FIERI”
Giovedì, 12 aprile, Chiara Curione presenterà “Una ricetta per la felicità” – edito Negroamaro con prefazione di Pino Aprile – anche a Santeramo, ospite dell’Associazione femminile dell’Amicizia.
Di seguito l’articolo pubblicato sul bimestrale “la Piazza”, dalla scorsa settimana in edicola, redatto in occasione della prima presentazione tenutasi a Gioia nel chiostro di Palazzo San Domenico il 24 febbraio, evento curato dai Presidi del libro, relatrici ed intervistatrici d’eccezione Orietta Limitone, Irene Martino e Piera De Giorgi.
“Se vi è una “ricetta” per scrivere libri di successo, Chiara Curione la possiede! Dopo “La sartoria di Matilde” pubblicato nel 2000 e riproposto di recente in e-book e “Un eroe dalla parte sbagliata” (Besa, 2008), la scrittrice gioiese presenta il suo ultimo romanzo: “Una ricetta per la felicità” (Negroamaro, 2012). Protagoniste due donne, Lucietta poco più che adolescente negli anni ’30 e Vera, donna moderna in piena crisi coniugale, complicata da una imprevedibile indigenza. Stesso luogo, un’antica palazzina nel centro di Gioia, stesso “talismano”, un diario contenente delle ricette che cambieranno la vita delle due donne. La trama è avvincente, tanto da rendere difficile interrompere la lettura, per altro scorrevole e agile sia nelle parti dialogiche che descrittive. L’alternarsi di passato e presente, bilanciato alla perfezione, l’architettura narrativa di pregevole fattura, le simmetrie strutturali, gli incastri “ad arte” di situazioni che vivacizzano il racconto, lo stesso linguaggio semplice, nonostante gli audaci rimandi letterari, donano alla saga gioiese quel “tocco” di originalità che la rende unica e spendibile con successo in una produzione cinematografica.
Gli “ingredienti” ci sono tutti: amore, passione, intrigo, storia, tradizioni ed una forte appartenenza al territorio, di cui le “ricette” narrano gusto, fragranze, sapori… In esse il segreto del faticoso evolversi di un percorso di crescita non solo gastronomico ma politico, sociale e culturale di una cittadina di provincia unica nella sua “identità”, eppur rappresentativa di tutte le realtà del Meridione. La “gioiesità” di cui è intriso il racconto assurge a “patrimonio condiviso” di coraggio, tenacia, determinazione, orgoglio, riscatto e attraverso la distribuzione (il romanzo è approdato alla Feltrinelli e nelle librerie di tutta Italia) porterà non poco lustro alla nostra città.
I personaggi conquistano, che siano vincenti o perdenti incantano per la loro “umanità”. Impossibile non condividere i loro sogni, le loro debolezze, la tenerezza di sguardi che si incrociano, le inconfessabili passioni, il dolore per l’amore perduto, tradito, le congiure, la stessa follia… E’ un continuo ritrovarsi, cercarsi e smarrirsi in situazioni psicologiche che si autodeterminano, imponendo ai lettori ed alla stessa autrice un proprio ritmo. Le singole personalità posseggono vigore e “anima”, né si prestano a complicati algoritmi interpretativi, sfolgorano nitide in positivo o negativo e quindi ancor più “vere”.
Ogni ricetta apre un nuovo capitolo, profumi e sapori permeano spazio e tempo, legano passato, presente e futuro. Lucietta, nonna di Vera, è una donna realmente vissuta, cui Chiara liberamente si ispira attingendo in parte ai ricordi, in parte alla propria inventiva. Ed ecco che la giovane domestica vive un amore impossibile, subisce violenze, approda al mondo dorato dello spettacolo per poi rinunciarvi per amore della famiglia. Una donna forte, determinata, intelligentissima… Pino Aprile nella sua prefazione la ricorda con affetto. Ciciuetta è sua zia, sorella di papà Giovanni, primo di nove figli. L’attitudine al comando è innata in lei così come il buon senso. Nata per organizzare la vita altrui e risolvere ogni problema, all’età di ottant’anni detta ancora legge.
“Ero già sposata ed era nato Nicola – ricorda Chiara – quando zia Lucietta (la sua tata) suonava a casa alle sette di mattina per chiedermi se volevo le uova, oppure mi portava frutta, verdura, ortaggi… li comprava non per necessità ma per aiutare il commerciante di turno di cui aveva intuito le difficoltà, un atto di solidarietà cui tutti dovevamo partecipare, che avessimo o meno bisogno di quella mercanzia. Era lei a decidere… I suoi consigli erano intrisi di saggezza, tutti nutrivano un infinito rispetto nei suoi confronti e le perdonavano i modi un po’ bruschi, il perenne imperativo nel tono della voce. E quanta energia, non stava mai ferma, era sempre indaffarata…”
Lucietta non si sposerà mai pur avendo numerosi pretendenti… E’ quasi un atto d’amore, da parte di Chiara, renderla protagonista della sua storia, eroina di un avventuroso e mai vissuto passato, “pensarla” innamorata a tal punto da perdere l’onore, tanto coraggiosa da accettare la morte di Giovanni senza rinunciare alla sia pur segreta maternità, ed ancora vestirla in abito da sera e farla esibire al Petruzzelli.
A tratti appare molto più sicura di sé ed emancipata Lucietta di Vera, donna di oggi costretta ad accettare il tradimento, a dover badare a se stessa e ai suoi figli “reinventandosi” il futuro per non soccombere al presente. Una donna “all’antica”, non cederà infatti alla tentazione di ricostruirsi una vita, una donna coraggiosa nel cimentarsi in quel che meno sa fare – cucinare – fino a diventare imprenditrice e cuoca provetta grazie a ricette che vien davvero voglia di sperimentare. Ogni difficoltà, anche la malattia del figlioletto, nasconde una opportunità di riscatto e di successo. Tornerà a cantare approdando in tivù, sarà caritatevole nell’assistere il suocero malato di Alzheimer pur non avendo più notizie di suo marito Claudio e al suo ritorno cercherà in sé il perdono. Passato e presente tra affinità e contraddizioni si saldano ai valori eterni dell’amicizia, dell’amore coniugale, della famiglia. Ed è attraverso semplici ingredienti “misurati” ad occhio, come si usava fare, che Lucietta e Vera si riscattano, scoprendosi donne “vincenti”. La ricetta della felicità è metafora di scelte di vita, pretesto “gastronomico” per ricordare alla donna di essere sempre sé stessa “sincera, fedele, paziente”, perché “raggiungere la felicità è trovare gli ingredienti giusti di una ricetta” da sempre racchiusi in lei.
Nella presentazione avvenuta nel Chiostro a fine febbraio Orietta Limitone, Irene Martino e Piera De Giorgi ne esaltano la costruzione, la freschezza narrativa, la ricerca storica ed il messaggio. Una analisi più approfondita svela analogie e costrutti affini ad opere di autori famosi cui Chiara Curione è legata da profonda ammirazione. “La casa degli spiriti” di Isabelle Allende è uno dei suoi libri preferiti, un modello stilistico da cui trarre ispirazione. Cinzia Losito, con cui Chiara ha collaborato in progetti di lettura per l’infanzia, ne elogia l’umiltà e la perseveranza nel documentarsi prima della stesura di un’opera, per poter meglio contestualizzare la narrazione.
Una scrittrice ‘a tutto tondo’, tenace, completa, di cui esser davvero orgogliosi”.