“MAI INNAMORARSI AD AGOSTO”, CON FRANCESCO MAROCCO
Si è tenuta ieri, 30 agosto, la presentazione della seconda opera narrativa dello scrittore barese Francesco Marocco, dal titolo “Mai innamorarsi ad agosto”, edito Fandango. L’incontro con l’autore, tenutosi nel chiostro di Palazzo San Domenico, è stato introdotto dalla prof.ssa Piera De Giorgi e moderato dalla prof.ssa Irene Martino.
Le letture sono state affidate alle voci di Massimo Brambilla e Roberto Fatiguso, di Atrebilteatro.
Oltre il titolo e la copertina, che sembrano suggerire al lettore la “leggerezza” di una narrazione al femminile da divorare sotto l’ombrellone, si celano tematiche attuali e complesse, indagate da Marocco con occhio critico e disilluso. Il trentenne Matteo, illustra la trama la prof.ssa Martino, è un ex-calciatore estromesso dalla sua squadra e divenuto, d’un tratto, un giovane precario. Quando un dirigente del Ministero dell’Ambiente gli propone il posto fisso a condizione che diventi capocannoniere del torneo interministeriale, Matteo accetta senza esitazione. La precarietà di Matteo, però, riguarda la sua vita professionale come la sua vita privata, che ruota attorno alla presenza di due personaggi femminili, l’integerrima Neve e l’affascinante Claudia.
Attraverso la vita di Matteo, Marocco fotografa il momento storico vissuto da una generazione precaria, e professionalmente e affettivamente. Una generazione abituata a “stringersi nelle spalle di fronte a una dimensione pubblica a cui non eravamo stati abituati, noi che dalla politica avevamo avuto solo la possibilità di scegliere se essere berlusconiani o antiberlusconiani[…], accumulando emicranie e gastriti nervose, compensati e sedotti dall’accessibilità del mondo che Google, Facebook e Ryanair ci avevano regalato. Ci stringevamo nelle spalle e incendiavamo ogni cosa in una rincorsa dionisiaca che era un lungo traghettare verso un’età adulta che non sarebbe mai arrivata […].”
Una generazione disabituata a porsi le domande, perché Google ha tutte le risposte; che vive in una dimensione in cui Facebook rende tutti immediatamente ritracciabili e Ryanair ha azzerato le distanze tra luoghi e persone. In tutte queste conquiste, sostiene Marocco, qualcosa si è perso: la capacità di sognare, di scegliere, di credere nell’autenticità delle relazioni umane, sempre più sfinite dai silenzi e sempre meno risanate dai dialoghi. In una parola: la fede.
Nell’instabilità della vita di Matteo, Marocco illustra la dannazione che deriva dall’incapacità di scegliere, perché scegliere qualcosa comporterebbe perdere qualcos’altro, un rischio che spesso si preferisce non correre, trovandosi di conseguenza a subire le decisioni degli altri.
Muovendosi fra bei paesaggi meridionali a tratti deturpati dalla presenza invadente delle pale eoliche, Marocco sottolinea l’urgenza di riappropriarsi del proprio territorio, nonché di rintracciare, nella narrazione come la realtà, modelli che diventino punti di riferimento per i giovani, e nella politica e nella società. Dopotutto, precisa Marocco, “si scrive per recuperare ciò che non è bastato vivere”.