“PIOVE E IO TI AMO” DI ALESSIO MASCIULLI, BREVE RACCONTO
Questa mattina tra le mail è pervenuto un messaggio che invita alla lettura e che vorremmo condividere con i lettori.
——————————-
“Stamattina mi sono svegliato molto presto per un motivo: volevo leggere tutti i racconti degli altri concorrenti al Festival delle Letterature di Pescara e ci sono riuscito. Non sono molto lunghi – scrive Alessio Masciulli – e con la buona volontà e la voglia di imparare qualcosa dai diversi modi di scrivere, ci sono riuscito. Sono tutti molto belli e aldilà della “gara” vi consiglio di leggerli come se fosse un unico racconto scritto da quasi 400 mani. Ho votato tutti quanti anche io perché so cosa vuol dire mettersi a nudo con la scrittura e ammiro molto chi ha questo intimo coraggio di esporsi. Bravi a tutti quanti perché nella vita bisogna provarci sempre quando dentro l’anima si sente quel meraviglioso istinto di comunicare. Quello di seguito è il mio racconto, leggetelo e se vi piace, votatelo..grazie!”
Il suo racconto, uno dei 400 da leggere su http://www.festivaldelleletterature.com/racconti2012.php?idracconto=164&pag=19, desta tenerezza ed emoziona e non solo in una mattina di pioggia, tanto da aver deciso di pubblicarlo per i nostri lettori, invitandoli a seguire a loro volta il suo invito ed incoraggiare chi ama la scrittura e premiare i più bravi.
Da parte nostra, il più “simpaticamente intraprendete” lo abbiamo votato!
L’iniziativa è organizzata dal Festival delle Letterature dell’Adriatico 2012 (http://www.festivaldelleletterature.com). Il concorso è articolato in due sezioni: Racconti contest Open e racconti progetti Scuole, rigorosamente numerati e scorrevolissimi, in alcuni casi davvero pregevoli.
Buona lettura!
—————————————-
“Piove e io ti amo” di Alessio Masciulli
Bologna 1978. Giovedì, primo pomeriggio. Un cielo plumbeo e spento copre la città. Una ragazza di diciassette anni osserva un pezzo di panorama dal tredicesimo piano di un vecchio palazzo “Ci rotoliamo nei pensieri a volte, come fanno le foglie immerse nel vento nei viali dei quartieri. Così come la mia anima traina questo vortice di emozioni. Perché? Perché accade tutto questo? Quartieri come questi qui sotto, queste vie lastricate di silenzio e malinconia che si snodano davanti a me adesso. Chissà quelle auto dove andranno? Chissà se in una di loro c’è lui? Accidenti a me e all’amore che mi spoglia di ogni corazza, mi bagna del suo fluido e mi cattura come mosca nella ragnatela. Ecco ci mancava la pioggia adesso”. “Jessy..” mia madre mi fece saltare dallo spavento, “Non vedi che comincia a piovere, cosa guardi? Sempre tra le nuvole tu eh? Dai rientra in casa che ti becchi una polmonite.” Qualche goccia aveva già bagnato la balaustra del parapetto e lasciai che le mie dita si inumidissero un po’ sperando che quella timida frescura potesse riportarmi con i piedi per terra. Invece l’acqua mi fece ancora di più pensare a lui. Lo avevo visto scendendo dal bus che mi riportava a casa da scuola qualche mese prima. Non lo avevo notato subito, anzi a dire la verità non lo avevo notato affatto. Lui era timido e sembrava che si nascondesse per non essere visto. Poi si scatenò il diluvio, eravamo alla fermata dell’auto ma la pensilina era già colma e mi stavo bagnando. Erano circa duecento metri tra casa e la fermata. Con una corsa forse mi sarei bagnata di meno ma lui si avvicinò e mi accolse sotto il suo ombrello. “Grazie sei gentile” gli dissi e lui annuì. Poi sorrise e rispose: “non è molto grande per tutti e due ma ci staremo” Scambiammo qualche parola nel tragitto, aveva un profumo buono. Un tono di voce fragile e melodico. Aveva qualcosa che neanche sapevo di stare cercando, non mi ero mai innamorata prima, o meglio non sapevo nemmeno cosa fosse un colpo di fulmine. Il solo pensarci mi faceva sentire buffa. Quel tratto d’asfalto quel giorno sembrava infinito, parlammo e poi ci salutammo con un sorriso. “Grazie del viaggio sotto l’ombrello” gli dissi diventando rossa in viso. “Grazie a te, se continua a piovere così’, la prossima volta ti accompagno in sottomarino. Arrossì anche lui. Una volta un ragazzo mi baciò nell’atrio della palestra, mi strinse forte tra lui e il muro, a dire il vero non era nemmeno la prima volta che lo faceva. Capii subito che non era fatto così l’amore anche se tutte le ragazze del liceo sarebbero volute stare al mio posto. Mi piaceva civettarmi e avere le sue attenzioni ma nello stesso tempo cercavo chi potesse aver bisogno delle mie. Adesso fuori stava diluviando come allora ma nessuno mi avrebbe protetto sotto il proprio ombrello. Entrai nella mia camera e mi stesi sul letto. Lasciai cadere la puntina sul giradischi che cominciò a friggere con il suo classico suono. Il disco cominciò a girare lento, come lenta girava la mia anima arsa dalla voglia di rivederlo. Di sapere che fine avesse fatto. Ogni giorno guardavo quella fermata. Ogni santo giorno aspettavo qualche minuto dopo essere scesa ma non lo vidi più. Le mie orecchie vennero invase dalla musica dei Beatles. Adoravo fare viaggi standomene sdraiata nel letto con le mani dietro la testa a fissare il soffitto sorretto solo dalla musica. Avevo qualche poster appeso con lo scotch al muro. Qualche volta mi sentivo ridicola nel guardarli. Erano vecchi e stropicciati. Ero cresciuta e lo si vedeva anche dalla loro usura. Odiavo ciò che poco prima mi faceva impazzire. Dal tetto pendeva il lampadario a forma di una squallida mongolfiera di stoffa che mia zia Rosa mi aveva regalato alla comunione, odiavo pure quella. Io pensavo a lui. Volevo sembrare ribelle, dura. Contro corrente ma da quando avevo compreso cosa e come fosse il colpo di fulmine, ero vulnerabile come una palla di neve nel deserto. Accidenti ancora a lui. Dovevo comunicare con lui. Devo ritrovarlo assolutamente. Come fare? Quel giorno che mi venne quell’idea folle risi di me stessa ma non potendo fare altro, tentai. Scrissi un messaggio su un foglio di quaderno strappato nella metà. Scrissi la prima cosa che mi venne in mente: “Portami a fare un giro di nuovo sotto il tuo ombrello. Jenny 65” Lo appesi sotto la fermata stando attenta a non essere vista. Che botta di adrenalina che avevo nel fare un gesto apparentemente così stupido. Lo misi bene in vista e mi dileguai. Nei giorni seguenti non aspettavo altro che di scendere a quella fermata. Via Londra. Sembravo una bimba che aspettava il regalo di Natale ma con grande delusione ogni volta restavo male per non trovare niente e nessuno. Un giorno accadde un miracolo però, un grande miracolo. Trovai una risposta: “Ti porterei ovunque principessa ma dovrà piovere. Paolo 68” E oggi pioveva. Accidenti pioveva anche a dirotto. Mi alzai. Corsi alla finestra. Un tipo con un ombrello stava scarabocchiando il mio foglio. “Ehi!” Urlai con tutta la mia forza, ma era troppo lontano. Scesi di corsa per le scale e mi diressi verso la fermata.
Bologna 2012. Sabato mattina. Dicembre inoltrato. Il camino scoppiettava melodie romantiche. Il Pc acceso sulla pagina di Facebook. “Mamma dai raccontami ancora la storia di come hai conosciuto papà, sei andata sotto la pioggia poi a baciarlo?” Quel giorno attraversai la strada bagnandomi come un pulcino, corsi come una matta. Non sopportavo l’idea che qualcuno distruggesse il nostro unico contatto. Quando arrivai mi bloccai. Era lui. Stava facendo un mio ritratto sul foglio. Un bellissimo ritratto a matita con il mare come sfondo. “Ciao” “Ciao sei bravissimo” No, sei tu che sei bellissima. Arrossii sciogliendomi. Eccolo il colpo di fulmine. Ora lo sapevo. Finì il ritratto e poi sotto il foglio scrisse il nome della mia canzone preferita. Love me do. Che brividi nel vederlo scrivere. “Si poi sono scesa sotto la pioggia a baciarlo come adesso bacio te”.