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RAFFAELE MONTESANO “ANALIZZA” FABRIZIO DE ANDRÉ

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raffaele montesano1Tra il 1914 e il 1915 il poeta americano Edgar Lee Masters pubblicava quello che sarebbe rimasto il suo capolavoro, “Antologia di Spoon River”. Una raccolta di poesie in forma di epitaffio in cui ogni defunto, dal cimitero di un collinoso paesino immaginario della provincia americana, raccontava se stesso. Nel 1971 usciva “Non al denaro non all’amore nè al cielo”, album in cui Fabrizio De Andrè rivisitava alcune poesie tratte dall’Antologia di Masters, che aveva conosciuto grazie alla traduzione in italiano di Fernanda Pivano – allieva di Cesare Pavese.

Raffaele Montesano, classe 1987, lucano, pubblica nel 2012 “E nemmeno un rimpianto” (Edizioni Segno), un’analisi comparata delle poesie di Masters e delle canzoni di De Andrè, in cui evidenzia similitudini e differenze tra le due opere, senza mancare di svolgere una puntuale analisi del contesto politico, sociale ed economico nel quale entrambe hanno origine.

Il libro è stato presentato, al cospetto dello stesso autore, il 18 gennaio presso la libreria “La Librellula” da Vanni La Guardia. Il cantautore Pietro raffaele montesano2Verna, durante toccanti intervalli musicali, ha interpretato alcuni brani tratti dall’album di De Andrè, da “La collina” a “Un chimico”, da “Un matto” a “Un giudice”, fino al suggestivo “Il suonatore Jones”, nella cui voglia di libertà e di musica, l’ascoltatore riconosce lo stesso De Andrè.

Guidato dalle domande e dalle riflessioni di Vanni La Guardia, Raffaele Montesano riassume le parti in cui il volume si divide: alla contestualizzazione del disco nell’ambiente storico-culturale, nonché musicale, in cui è stato concepito – la stagione delle rivolte sessantottine, della beat generation, del rock’n’roll e della canzone di protesta – segue una panoramica della storia degli Stati Uniti nel primo quindicennio del Novecento, periodo in cui nasce la rivoluzionaria “Antologia di Spoon River”.

Il volume si chiude sul raffronto tra le poesie di Masters e le canzoni di De Andrè, facilitato dalla disposizione del testo su due colonne affiancate. Con “E nemmeno un rimpianto”, Raffaele Montesano richiama l’attenzione degli amanti del cantautore genovese su un disco in cui “il rock e la canzone di protesta si combinano perfettamente creando quella mistura di poesia e ricercatezza musicale che è stata la linea guida di tutta la carriera di Fabrizio De Andrè”.

Allo stesso tempo, chi si accosterà al volume di Montesano non conoscendo De Andrè, non potrà resistere alla curiosità di avvicinarsi alla musica di chi – per raffaele montesano3l’abilità di narrare nei suoi album tematiche relative di volta in volta al contesto economico e socioculturale che stava vivendo – può essere considerato “il più grande cantautore mondiale di tutti i tempi”.

Figlio della Genova bene, ma sedotto dalle vie della povertà e dei bordelli, cantore dei reietti e delle vittime della società, De Andrè, nel riconoscersi solo in parte ne “Il suonatore Jones”, sembra desiderare in maniera quasi nostalgica la possibilità concessa a questo personaggio di fare della musica la sua passione, il suo strumento di liberazione e non il suo impiego.

Ed è questo, forse, che De Andrè – utopicamente – avrebbe voluto: suonare semplicemente “per un fruscio di ragazze / a un ballo / per un compagno ubriaco”.

Anche De Andrè, come Jones, coltiva il suo sogno. Abbandona la carriera cui i genitori l’hanno orientato e fa della musica la sua vocazione. E ci auguriamo che, proprio come Jones, abbia lasciato questo mondo con “un ridere rauco / e ricordi tanti / e nemmeno un rimpianto”.

 

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