GIANCARLO VISITILLI ‘RAPISCE’ CON “E LA FELICITÁ, PROF?”
“Allora ho fatto il bastian contrario, chiedendo direttamente le opinioni dei ragazzi. Convinto che la poesia che insegno possa servire anche ad una futura madre o ad un futuro padre, per capire la bellezza della vita”. Questo è uno dei tanti pensieri tratti dal libro di Giancarlo Visitilli dal titolo ‘E la felicità, prof’?’, edito Einaudi 2012.
La bellezza della vita che è difficile da afferrare o da cogliere, specialmente quando si ha di fronte una ragazza che a 18 anni si ritiene già grande. E allora in qualcosa, forse, si è commesso qualche errore. C’è stato qualcosa che non ha funzionato, un pezzo del puzzle perso, o messo al posto sbagliato.
Un libro presentato durante la serata di lunedì 28 gennaio presso la suggestiva e accogliente location di Spazio Unotre, messa a disposizione della cultura dalla grande ospitalità di Mario Pugliese. Un incontro organizzato dall’istituto di ricerca Meters – studi e ricerche per il sociale – , e condotto da Giovanna Magistro, con la collaborazione del prof. Sergio D’Onghia.
Giancarlo Visitilli, docente di Lettere e giornalista, cura, tra le altre cose, una rubrica interessante su ‘La Repubblica’ inc@attedra. Si occupa del sociale e si mostra sensibile alle dinamiche tra la scuola, famiglia, e ragazzi. Sceglie di narrare la vita dei vinti, si sofferma su tutti quei ragazzi, che in tredici anni di insegnamento, hanno avuti percorsi difficili e sofferti.
Sono 29 le storie raccontate, nelle quali torna questo tema della felicità, e torna perché se ne ha bisogno. “[…] Si vede che è un libro costruito attraverso una predisposizione al bello, alla letterarietà. Ci sono delle pagine di bella letteratura. Non è propriamente un romanzo, e, forse, come il grande letterato Asor Rosa ha affermato in una delle presentazioni a Roma è un genere che si definirà con il tempo”, in questi termini si esprime in riguardo Sergio D’Onghia.
Un libro dal titolo che lo stesso autore non ama molto; ma che piace, perché rappresenta un ossimoro. Perché a scuola, spesso, la felicità è trascurata. Si parla della buona educazione, e Giancarlo Visitilli sostiene: “La buona educazione mi fa diventare volente o nolente un modello. C’è un sorta di patto tacito che s’instaura sin dal primo giorno. Quella giusta distanza la vedi nel modo d’insegnare […]”.
E aggiunge: “Io non credo al genitore amico o all’educatore amico … O ai genitori che rinunciano a fare i genitori”. Si parla di quel fenomeno che in psicologia si chiama ‘evitamento’, e che non fa altro che amplificare quello che non si è vissuto. “Bisognerebbe iniziare cambiando atteggiamento, docenti inclusi; e in quanto educatore mi devo preoccupare di quello che i ragazzi sentono, ascoltano, vedono […]”.
Si parla degli ideali, talvolta, persi. E della tematica complessa del suicidio adolescenziale, aumentato del 36% nell’ultimo anno. E conclude con un’affermazione che solo chi è innamorato del suo mestiere può sostenere: “Se potessi tornare indietro, mi piacerebbe insegnare la geografia dei sentimenti, per far sì che questi sentimenti possano essere toccati con mano […]”. Perché i sentimenti possano prendere consistenza. Perché si possano definire e vivere i sintomi della felicità.
Un ringraziamento particolare a Cataldo Liuzzi e Fabio Guliersi per la loro collaborazione fotografica.