GIOIA: RITORNA LO SPETTRO DEL DISSOCIATORE MOLECOLARE
Mentre diviene sempre più concreta la possibilità che Gioia sia designata capofila dell’A.R.O./5 (Ambiti di Raccolta Ottimale) e il sindaco Sergio Povia ne sia il presidente, il 29 gennaio il piano industriale della Spes viene presentato alla città (per scaricare Delibera clicca qui).
La gestione del bacino che riunisce Gioia, Acquaviva, Adelfia, Casamassima, Sammichele e Turi con i suoi 150.000 abitanti, consentirebbe a Povia di realizzare un suo sogno: il “ciclo integrato dei rifiuti” progettato nel ’95, rievocando non più il temibile “termovalorizzatore” ma un più moderno e sostenibile (economicamente parlando), ma non meno pericoloso dissociatore molecolare (DISMO –http://www.la-piazza.it/giornale/06_2004/gioia/gioia01.htm).
Durante la presentazione del piano industriale della Spes il dottor Angelo Mancazzo, ad un anno esatto dal suo insediamento, tira le somme di un bilancio più che positivo per l’azienda che di recente ha ricevuto dal Comune il riconoscimento di crediti per oltre due milioni di euro.
“Organizzazione, pianificazione e controllo sono i vettori su cui l’azienda traccia le coordinate del futuro. Avendo raggiunto un punto di equilibrio finanziario possiamo progettare con più serenità. L’adozione del piano industriale, oltre a rientrare nei criteri prefissati di efficienza, efficacia ed economia, consentirà di produrre ricchezza.”
Dettagliatissimo e particolarmente articolato il piano industriale presentato dall’ingegner Giovanni Mummolo – ordinario della Facoltà di Ingegneria presso il Politecnico di Bari nonché primo presidente italiano della prestigiosa European Academy on Industrial Management – il quale, dati del 2011 alla mano, ha descritto quali diversi scenari potrebbero prospettarsi a seconda delle scelte “industriali” che si andranno ad operare.
Oggi la Spes ha al suo attivo 21 operatori e 3 autisti per spazzare 250 km di strade e tener pulita una città che ospita 5.400 famiglie e 320 attività tra cui 76 ristoranti, 57 bar e gli istituti scolastici.
Nel 2012 (al 31.10.2012 dati ufficiali) la raccolta differenziata è stata del 22,08%, ogni tonnellata conferita in discarica costa alla comunità 7,5 euro. Dal 1° gennaio 2014 se non si raggiungerà il 40% dei rifiuti differenziati, il costo dell’eco-tassa salirà a 25,82 euro.
Per poter tener pulita la città oggi ogni gioiese “paga” in media 150 euro, con alcune delle innovazioni proposte nel piano si salirebbe a 174, con l’ecotassa imposta ai comuni non virtuosi nel 2014 si arriverebbe a 226,00 euro di tassazione pro-capite.
“L’età media dei mezzi in uso è di 11 anni, uno risale al ’72, occorrono 4 minicompattatori e 3 grossi mezzi, tre con tre assi e uno con quattro. Il costo dello spazzamento si aggira intorno ai 600.000, 00 euro (9 operatori e 3 spazzatrici), si potrebbe meccanizzare il tutto con 10 operatori e 7 spazzatrici, oppure, terza ipotesi, 8 operatori con 3 spazzatrici non sette giorni su sette nelle zone periferiche. Per raggiungere l’obiettivo del 40% di raccolta differenziata domiciliare dovremmo salire a 46 unità, per raggiungere il 50% ne occorrono 57.”
“Occorre suddividere la città in tre tipologie di raccolta: per case singole nel centro storico, per condomini e villette residenziali. Con l’attuazione del piano – continua Mummolo – degli attuali 560 cassonetti ne resterebbero solo 150, contribuendo ad aumentare il decoro della città. La frazione organica sarà raccolta 4 volte a settimana, saranno distribuiti alle famiglie due secchielli, un sotto lavello forato ed uno da 25 litri con manico antirandagismo da porre fuori. Vetro e alluminio saranno ritirati una volta a settimana, ogni due settimane la carta. Si potrebbe anche attuare con successo una raccolta condominiale. I servizi accessori che incidono sul costo del conferimento sono la logistica, lo spazzamento e il centro comunale di raccolta. Per tenersi entro i 174 euro pro-capite di costo, il bilancio 2011 (4.300.000,00 euro) varierebbe di poco salendo a 4.900.000,00 di cui 2.600.000,00 per il personale, 900.000,00 per i mezzi ed il resto da destinarsi alle attrezzature. Si sta, inoltre, pensando di localizzare in zona artigianale una nuova sede per la Spes, nei paraggi del depuratore, per dotarla di spazi idonei e nuove strutture.”
“Si potrebbe anche disporre contenitori per la raccolta di plastica, carta e organico presso supermercati e centri commerciali. L’utente potrebbe “ricaricare” una carta magnetica ad ogni conferimento, utilizzandola per ottenere sconti o buoni spesa. Nei supermercati il 30% della merce organica finisce al macero e solo in parte, prima della scadenza, viene distribuita tra le associazioni di volontariato. L’adeguamento ai processi aziendali richiede una contabilità di centri di costo con reportistica ed informatizzazione, per avere la possibilità di incrociare i dati dei contribuenti. Occorre, infine una corretta comunicazione per sensibilizzare l’utenza e predisporre kit ed ecocalendari.”
Il sindaco Sergio Povia si sofferma sulla necessità di dotare la Spes di una nuova e più confortevole sede, dotata di ampi parcheggi, sala convegno per scolaresche, strade spaziose e un “biodigestore anaerobico” che trattando reflui organici cittadini potrebbe produrre biogas. Ricorda che il parco automezzi in uso fu acquistato nel ’97 e che oggi la loro manutenzione costa 90.000,00 euro annui, tanto da rendere più conveniente il ricorso al leasing.
“A Gioia da tempo si è fantasticato sulla mia vocazione a distruggere l’ambiente. Con il presidente del Consiglio Tommaso Bradascio abbiamo scoperto che presso il depuratore l’Acquedotto ha posto un sistema anaerobico, per intenderci si smaterializza la “cacca” per produrre biogas in una fossa profonda 12 metri. Abbiamo una grande opportunità con la programmazione del ciclo completo dei rifiuti, siero incluso. Con una programmazione sulla gestione economico – finanziaria possiamo garantire ulteriori forme di accesso e la Spes invece di essere un costo potrebbe rivelarsi una risorsa e con il biogas potremmo alimentare i mezzi, sempre se qualcuno non vorrà speculare sui problemi ambientali.”
E di problemi ambientali, nonostante le rassicurazioni del professor Cosimo D’Onghia, agronomo ed esperto in biomasse, ce ne sarebbero e non pochi.
“Tutto ciò che è organico ha origine dalla fotosintesi e contiene molecole di carbonio, pertanto può essere usato per produrre metano. Le sostanze organiche sottoposte a scissione in molecole più semplici – afferma l’agronomo – in assenza di ossigeno vengono sottoposte ad una fermentazione detta “digestione”, i batteri scindono i carboidrati in metano. Il biogas purificato ed inviato ad un motore (cogeneratore) produrrà energia e calore. Abbiamo usato carboidrati e li abbiamo trasformati in metano a costo zero per l’inquinamento.”
“Dal digestore, di vasca in vasca e in vari passaggi si arriva a scindere la parte liquida (liquido digestato da cui ricavare acque di spandimento con quantità limitate di nitrati, azoto ammoniacale e solfato ammonico) da quella solida (fanghi e ammendante) entrambe possono essere utilizzate nei campi per l’irrigazione o come concime. Il dissociatore molecolare produce diossine solo a temperature superiori a 600°. Un impianto che funzioni 8.000 ore l’anno – conclude D’Onghia – produce in media 880.000 Kw termici. Il gas prodotto prende il nome di syngas. Un impianto da 100 Kw costa dai 300.000,00 ai 500.000,00 euro, dieci mesi fa costava quasi il triplo, i costi si sono abbattuti perché alcune componenti fabbricate in Austria sono prodotte in Italia.”
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COS’E’ IL DISSOCIATORE MOLECOLARE – BIODIGESTORE
Abbiamo chiesto di illustrare gli eventuali rischi collegati all’impianto di dissociazione molecolare proposto dalla Spes a Roberto Cazzolla Gatti, docente di “Ecologia teoretica”, coordinatore per l’IUNC del Gruppo per l’adattamento ai mutamenti climatici, specializzatosi in Biodiversità e Servizi Ecosistemici in Germania.
“Per produrre syngas si può operare a 500° ed avere un processo autotermico che utilizza ossigeno e metano, oppure un processo di reforming che inizialmente utilizza acqua, ma poi prevede una combustione con aria che elimina il metano. In ognuno dei due casi si utilizzano ossigeno, reagenti per abbattere il fumo nero ed un quantitativo spropositato d’acqua.”
“Le temperature di combustione dovrebbero limitare la produzione di diossina, ma il combustibile non è sempre caloricamente equivalente e quindi talvolta la temperatura scende e si hanno picchi di emissione aromatica (diossine, benzolo, etc.). Inoltre, sebbene le alte temperature (circa 400°/500°) garantiscano la riduzione delle diossine, favoriscono, invece, il tanto discusso problema della formazione di polveri sottili (<2,5 nm) che non vengono rilevate dagli strumenti attualmente in uso (neanche dall’ARPA) e sono altamente cancerogene e penetranti (teratogene e mutagene). Non esiste al momento alcun sistema per abbattere le nanopolveri.”
“Infine – continua il biologo – si producono scarti liquidi azotati che potrebbero dare problemi di eutrofizzazione. Per poter mantenere attivi questi impianti è necessario un approvvigionamento costante, giorno e notte, di sostanza comburente ad alto potere calorifico. Questo, come nel caso delle centrali a biogas per le biomasse, non può sempre avvenire per ragioni logistiche e quindi si ricorre alla combustione spesso di plastiche degli RSU ed oli a basso costo (tropicali, come quello di palma, ad altissimo impatto ambientale).
La digestione del “bio-scarto” (da cui biodigestione) dovrebbe simulare il naturale metabolismo della sostanza organica. In natura questo processo avviene per due vie: aerobica o anaerobica. La prima prevede l’utilizzo di ossigeno per scomporre le sostanze in forme chimiche semplici utili alla costruzione di materia organica nuova (tessuti, organi, etc.) e la produzione di elementi semplici di scarto (solitamente CO2, NOx, SOx). La seconda via, quella anaerobica, utilizza sostituti dell’ossigeno (ed avviene ad esempio in profondità nel suolo o nei bacini idrici) ad opera di batteri specializzati che utilizzano idrogeno solforato o metano, producendo scarti altamente ridotti (Nx, Sx, CH4).
Le due possibilità hanno dato vita ai due processi attualmente utilizzati nel trattamento dei rifiuti: il compostaggio – che a mio avviso è in assoluto la soluzione più ecosostenibile e meno pericolosa – e la biodigestione anaerobica.
Nessuna delle due vie prevede alcun tipo di combustione per cui non si formano sostanze chimiche chiamate eterocicliche aromatiche (come la diossina ad esempio).
Affinché si formi diossina sono necessarie alcune condizioni:
a) devono essere presenti nel flusso gassoso molecole di O2. La quantità generata aumenta proporzionalmente rispetto alla concentrazione di O2, con un ordine di reazione pari a circa 0,5;
b) si genera una quantità massima di PCDD/F (policloro-dibenzo-p-diossine) a 300-325°, mentre al di sotto dei 250° o al di sopra dei 450° se ne possono rilevare solo tracce;
c) deve essere presente il cloro (nei rifiuti organici, ovviamente c’è).
Bisogna ricordare che insieme alle diossine, in queste condizioni, vengono prodotti diversi altri composti (clorurati) come ad esempio benzolo (policlorurato), fenolo, naftalene e difenile.
Inoltre, è stato dimostrato che la formazione di PCDD/F (diossine ed altre sostanze aromatiche) è strettamente correlata con la gassificazione del carbonio a basse temperature. Anche questo fattore dipende dalla presenza di ossigeno e aumenta in rapporto alla concentrazione di O2 con un ordine di reazione pari a circa 0,5.”