DON VITO MAROTTA, PARROCO INDIMENTICATO-foto
“Se tratteniamo solo per noi il ricordo delle persone amate, finiamo per morire di malinconia…”, e la malinconia che aleggia sui visi dei presenti è subito fugata dall’emozione di un ricordo condiviso e rigenerato da altri ricordi. Così il 2 aprile, in occasione del quarto anniversario della morte di don Vito Marotta, la comunità gioiese, la sua famiglia e gli amici di sempre, tra cui Enzo Quarto ed Andrea Mongelli, si raccolgono in preghiera nella Chiesa di San Domenico. A dir messa padre Alessandro Chiloiro, dei frati Minimi, accanto a lui Don Biagio Lavarra.
La parrocchia era la sua famiglia allargata, chiamava i bambini per nome, li ricordava proprio tutti… Per loro aveva messo un biliardino nel giardino dietro casa. Preziosi i suoi consigli durante la catechesi ed ai catechisti. Comunicatore istintivo, ricorreva spesso a cineforum o alla filmografia più diffusa per ricavarne metafore ed insegnamenti valoriali ed etici, “vicinissimi” al Vangelo. Molti studenti ne ricordano le lezioni, i consigli, gli incoraggiamenti ricevuti negli anni ’90, quando insegnava nel Liceo Scientifico gioiese.
Don Vito era solito scrivere su singoli foglietti delle riflessioni, piccole preghiere da distribuire tra i fedeli, a fine messa.
“Un volantinaggio dello spirito – a detta di Luca Marotta, fratello del sacerdote – per entrare in contatto non solo con il fedele, ma anche i suoi famigliari, che forse non erano a messa… un rituale per far meglio comprendere il messaggio della celebrazione eucaristica”.
Se si era in gruppo, pur parlando con altre persone ascoltava tutto, ma proprio tutto ed i suoi interventi spesso lasciavano senza parole per l’acume e la felice intuizione della soluzione del problema.
“Passeggiare con lui era “una via Crucis” – ricordano i suoi amici – ci si fermava ad ogni passo, perché qualcuno lo voleva salutare o riceveva una telefonata. Spesso faceva cenno a chi gli era accanto di aspettare, poi se ne dimenticava ed andava via… era fatto così!”. Amava anche far scherzi, ben lo sanno i parrocchiani di Loseto, da lui portati a recitare in teatro, indignati da una telefonata ricevuta dal politico di turno, perfettamente imitato da don Vito. Il loro affetto è commovente, in lui avevano trovato un padre, un fratello, un amico.”
“Non ricordo di aver mai fatto una confessione in chiesa – dichiara uno dei suoi più vicini parrocchiani – mi prendeva sotto braccio e mi diceva: “… facciamo una passeggiata, dimmi tutto, cos’è che non va?”, ti metteva a tuo agio, non ti sentivi “giudicato” ma compreso e perdonato prima ancora di esserti aperto a lui. La sua capacità di ascolto era profonda… Amava Loseto, se in tanti, pur nel degrado, si sono avvicinati alla fede, lo si deve a lui, che ha saputo trasformare in un giardino di anime un luogo condannato ad esser “ghetto”, e di questo gliene saremo sempre grati! E’ e sarà sempre con noi!”.
Le intuizioni spirituali di Don Vito sulla vita hanno un’aura mistica, sono perle di saggezza, non solo da ricordare ma da cui lasciarsi guidare.
“Quello che semini non torna a vivere se non muore prima… Siamo immortali, dal momento del nostro concepimento. Siamo immensamente di più di ciò che appariamo – scriveva don Vito –… la nostra vita, per quanto realizzata, non potrà mai riempire il bisogno assoluto di pienezza che portiamo nel nostro intimo… L’eternità è già iniziata, giochiamocela bene, non aspettiamo la morte, non evitiamola, ma pensiamoci con serenità per rivedere la nostra vita, per andare all’essenziale”.
Di seguito un ricordo del sacerdote gioiese letto durante la messa di ieri, a firma di Enzo Quarto, fraterno amico e presidente UCSI Puglia.
Scatti fotografici a cura di Mario Di Giuseppe.
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“La notte volgeva il suo sguardo al mattino quando quattro anni fa fui raggiunto dalla notizia della tua morte. Ed era in realtà il tuo luminoso ingresso nel Regno di Dio.
Ne eravamo consapevoli tutti, negli ultimi giorni, e aspettavamo l’evento nella preghiera. Ma la consapevolezza non è consolazione… e i nostri cuori si rattristarono, i nostri occhi si riempirono copiosamente di lacrime, le nostre menti furono subito annebbiate dalla assenza della tua parola, dall’assenza del tuo sorriso, dall’assenza della tua carezza.
Per noi sei stato parola, sorriso e carezza. La parola che ci ha confortato nella sofferenza e nel peccato. Il sorriso che ci ha illuminato la via della speranza. La carezza che ha saputo insegnarci come si fa ad amare tutti.
Per te comunicare era un bene primario dell’uomo. Ci hai insegnato che per essere sale del mondo dobbiamo essere presenti da cristiani nel vasto e complicato sistema delle comunicazioni sociali, complicate da una tecnologia che a volte fa perdere il senso dell’umano e con esso il senso di Dio. Proprio per questo ci hai insegnato ad essere presenti.
Un insegnamento che è ora nelle nostre vite e che indegnamente ci sforziamo di tenere a mente, custodire ed attuare.
Sappiamo che il tuo esempio vive in noi, per tutte le volte che riusciamo a dire una parola di conforto a chi soffre, che riusciamo a scambiare un sorriso con altri fratelli aprendo lo sguardo alla speranza, che riusciamo con gesti di carità a rinnovare il comandamento di Gesù di amarci gli uni gli altri.
Caro don Vito, sei la nostra forza, il nostro esempio umano, che è possibile seguire Gesù nel suo insegnamento. Sei nei nostri cuori riscaldati dal tuo amore, nelle nostre menti illuminate dai tuoi insegnamenti, nel nostro sorriso pregno della tua gioia di vivere, nei nostri gesti di carità che ci avvicinano a Cristo e colmano il vuoto della tua assenza.
Abbiamo pregato gli angeli e i santi perché ti presentassero al trono del Signore.
Ti preghiamo oggi e continueremo a pregarti perché tu sia al nostro fianco ad indicarci sempre la via giusta. Grazie don Vito”.
Enzo Quarto