TRIBUTI. POVIA: “NON VEDO L’ORA DI FIRMARE CON LA CE.R.IN.”
A conclusione dell’ultimo consiglio comunale, il sindaco Sergio Povia non ce l’ha fatta più ed è “sbottato” gridando quello che pensa realmente sulla vicenda della esternalizzazione (gestione al privato) di tutte le entrate comunali.
“Non vedo l’ora di firmare il contratto con la Ce.r.in.. Smettiamola di pensare che questa sia una battaglia del bene contro il male. Non ce la faccio più e posso assicurarvi che questo sarà il mio ultimo mandato”. In queste frasi, sbraitate rabbiosamente in chiusura dell’assise, il sunto di oltre tre ore di inutili quanto inconcludenti (nel senso di inascoltate) “schermaglie” politiche.
Un consiglio comunale interamente basato sul “pericolo sociale” creato dall’invio di centinaia di “Atti di Precetto”, che numerose famiglie gioiesi hanno inaspettatamente ricevuto, per una presunta “evasione della Tarsu”, la tassa sui rifiuti dovuta per gli anni che vanno dal 1999 al 2001, inviati dalla Ce.r.in Srl, la società aggiudicataria, da quest’anno, anche della gestione di tutte le entrate comunali.
Ben 828 gli atti approntati di cui 327 già notificati (5 rifiutati), 250 notificati ma solo per compiuta giacenza (cioè mai ritirati ma validi), 166 non ancora notificati, 85 in attesa di “relata di notifica”. Un dato corrispondente a ben oltre il 10% delle famiglie contribuenti gioiesi (circa 8000 a detta di Povia).
Un dato che, rapportato alle cifre “snocciolate” dai responsabili comunali dell’Ufficio Tributi sulla situazione degli anni successivi (dal 2002 ad oggi), preoccupa e non poco per il futuro. Soprattutto se si considera l’andamento della “non esigibilità” del tributo (in corso di accertamento) passata negli ultimi dieci anni dai 147.000 euro del 2002 (nel 2003 poco più di 20 mila euro) a 1.754.813 euro del 2011 e a 1.355.000 del 2012. Un crescendo che, guarda caso, ha coinciso con lo svuotamento in termini di risorse umane e professionali, se voluto o meno dalla politica poco importa, dell’ufficio, avvenuto progressivamente negli stessi anni, soprattutto negli ultimi due, in cui l’inesigibilità si è moltiplicata a dismisura (nel 2008 era di 311.000 euro).
Una situazione allarmante, al cui confronto quanto accaduto in queste ultime settimane sarebbe una bazzecola, creatasi, è sembrato di capire, dallo smarrimento da parte dell’Ufficio Postale dei bollettini utilizzati dai contribuenti per il pagamento della stessa tassa”. Una “scomparsa”, avvenuta nel periodo 2006-2011, a cui si è dovuto far fronte con la così chiamata “dematerializzazione o smaterializzazione dei file postali, resasi necessaria per riportare e allineare i versamenti che risultavano omessi, con una spesa a carico delle casse comunali di 800 euro più Iva”.
E se è vero, come è vero, lo hanno ripetuto più volte, che nel periodo oggetto degli Atti di Precetto l’ufficio funzionava, cosa succederà per gli anni successivi? I contribuenti gioiesi saranno per davvero sommersi dagli avvisi bonari, o dagli atti ingiuntivi fiscali, per omesso versamento di una tassa che probabilmente in molti hanno regolarmente pagato, come i recenti fatti stanno dimostrando?
E se è vero, come è vero, che l’Ufficio Postale, a prescindere dagli smarrimenti dei bollettini, avvenuto successivamente al periodo 1999-2001, ha comunque provveduto a girocontare nelle casse comunali quanto incassato, come mai non si è provveduto a “dare un nome ed un cognome a quegli importi” anziché inviare a scatola chiusa centinaia “Precetti” su importi che i fatti hanno dimostrato non erano dovuti?
E se è vero, come è vero, rispondendo al sindaco Sergio Povia, che quei contribuenti, vessati da simili richieste, avevano regolarmente pagato quanto dovuto, perché avrebbero dovuto conservare, sempre secondo lui, le ricevute di avvenuto pagamento anche dopo i termini di prescrizione? E gli stessi, stando dalla parte della ragione, perché avrebbero dovuto eludere le precedenti richieste di pagamento o gli avvisi di mancato versamento, ammesso che siano stati notificati o effettivamente consegnati?
Il castello, così come concepito dai nostri amministratori, non sta però in piedi. La sensazione è che in assenza di una banca dati completa e aggiornata, così come confermato nel corso della discussione, qualcuno ha pensato bene di aggiornarla utilizzando la soluzione più semplice, in questi casi, per farvi fronte. Quale? Quella cioè di avvalersi dell’ormai acclarato e spesso mal utilizzato, come in questa circostanza, istituto “dell’onere della prova” che, come in tanti sanno, spetta al contribuente, a prescindere se sia realmente moroso o meno, come accaduto qui a Gioia del Colle.
Un istituto che in questo caso, in mancanza delle ricevute in molti casi buttate perché ritenute prescritte, potrebbe sì portare qualche euro in più non dovuto nelle casse comunali, ma anche tanta rabbia in tutti quei cittadini che sicuramente si sentiranno ingiustamente “vessati” dall’utilizzo di questa procedura, certamente legale ma poco consona. Soprattutto se adoperata dopo oltre un decennio, e a maggior ragione se in possesso della prescritta documentazione probatoria. E a poco servono le rassicurazioni su una eventuale rateizzazione di quanto richiesto, nel frattempo incrementato a dismisura da balzelli vari. Il marchio di “evasore”, sia pur presunto, comunque rimane.