“U SPONZALIZZIE”, DIVERTENTE E APPLAUDITA COMMEDIA
Una serata molto divertente quella di giovedì 24 maggio presso il teatro di Santa Lucia. Un contenitore ben tenuto, molto grande e con una acustica discreta. E’ andata in scena “U Sponzalizzie” di Bartolomeo Sciacovelli, una commedia che definire solamente dialettale sarebbe molto riduttivo. Infatti tra una battuta-trovata e l’altra, si dipanavano molti aspetti della società di ieri e di oggi.
Tra i protagonisti una mamma vedova, dal gradevole aspetto, con una figlia non propriamente bella ed intelligente. Un’altra mamma, innamorata del proprio figlio, poco autonomo, oppressa da una traboccante obesità e dall’esuberanza di un marito istrione, accomodatore, ma… facilmente traditore! Mari’, infine, è la ragazza da maritare, truccata in maniera, perfetta, per apparire spaventosamente brutta.
I due gioielli di famiglia sono fidanzati e l’azione scenica mette a fuoco, in una perfetta unità di luogo, di tempo e di azione, il giorno delle nozze ed il giorno dopo. La mamma della sposa ha delle perplessità sul matrimonio, su faccende economiche inerenti lo stesso, sul prossimo futuro genero e sulla figlia che, nonostante il grande amore di madre, ogni tanto vede inadeguata nel ruolo di moglie e donna di casa. Inoltre ha una vera antipatia verso la consuocera alla quale attribuisce, specialmente per l’obesità, tutti gli appellativi più comicamente offensivi.
Esilarante il momento in cui compare questo personaggio, vestito in maniera molto vistosa, con un abito a grossi fiori variopinti e con un altrettanto vistoso cappello. Inoltre la signora ha dei modi di parlare e gestire che mettono ancor più in risalto tutta la sua figura.
Ma il momento in cui la sala esplode in un caloroso applauso è quello in cui appare il primo attore, il capocomico, Gianni Colajemma. E da quel momento in poi tutto diventa un susseguirsi di battute allusive ad altri autori di teatro, a modi di dire dialettali, a contaminazioni tra scienza, conoscenze personali e cultura popolare.
Nella storia scenica troviamo lo spavento del padre dello sposo alla vista della sposa, le continue battute dispregiative della mamma della sposa e del marito nei riguardi della consuocera che arriva anche a piangerne, l’arrivo dello sposo, un tenero fanciullone anch’esso obeso come la madre, la sua evidente dipendenza da lei, il non chiaro legame con la sposa. Momenti di dissensi vari in cui il matrimonio arriva quasi ad essere in forse.
Ma poi, tutti in chiesa, con la precisa raccomandazione del padre al figlio, che si ricordi sempre di essere come “papà”.
E’ evidente il significato della cosa. Ed in Chiesa viene portata anche la foto della “buonanima”, cioè del padre della sposa. La presenza continua sulla scena della grande foto del morto dà anch’essa occasione a battute esilaranti e conseguenti risate. Difficile riportare tutte le trovate divertenti del capocomico, che con il suo intercalare termini e concetti dotti, vuole dimostrare agli altri personaggi della storia la sua cultura, la sua superiorità.
Un esempio: luna di miele alle banana, calze autovelox, test di Donato (DNA), tigre della magnesia, matrimonio di via Manzoni, acqua potatile ed altri termini irripetibili.
Dopo il matrimonio gli sposi restano soli nella casa della sposa. Si preparano per la notte e giù risate per la comicità dello sposo, per i suoi mutandoni! Per la tenera camicina della sposa.
Poi, la mattina dopo, gli sposi si levano, ma non sembrano soddisfatti. Sembra che qualcosa non sia andata bene! Ma decidono di uscire, anche se una volta, agli sposi era proibito farsi vedere in giro prima dei sette giorni.
Arriva la madre di lei, li chiama, scopre che non ci sono. Cerca le tracce dell’avvenuto rapporto, non le trova e si dispera. Cerca una soluzione, perché la gente vuole sapere. Deve sapere. Un po’ di salsa di pomodoro sul lenzuolo che la figlia aveva prudentemente nascosto. Arrivano i consuoceri e attraverso altre battute amaramente divertenti, vengono messi al corrente del (non) accaduto. La disperazione del padre è autentica… a nulla è servito fare ripetere al figlio, in divertente cantilena: “Colino è come papà!” Arrivano gli sposi, sereni e tranquilli. In realtà da questo momento sembrano meno imbranati di prima.
Il padre esprime la sua amarezza al figlio. Il figlio sembra incassare pazientemente i rimproveri, le accuse, ma poi, stanco di essere offeso, dichiara con una certa spavalderia, che Marietta è incinta di tre mesi. Il papà è contento ma sorge un problema: cosa dirà la gente? Cosa dire quella gente a cui la madre della sposa aveva mostrato sventolandolo poco prima il lenzuolo con la salsa di pomodoro? Si dirà che è nato di sette mesi, magari un po’ prima.
La storia finisce nella soddisfazione generale. E con i primi ammiccamenti da parte del padre della sposa alla graziosa consuocera.
Davvero molto bravi Lucia Coppola, Vittoria Amore e Gianni Colajemma, classe 1959, fondatore e direttore artistico del Teatro “Manifattura Tabacchi” Barium di Bari, il cui ricco curriculum è riportato su http://giannicolajemma.altervista.org/biografia.html.