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Politica

PD. L’ABBATE, DA PREVISIONI, È IL NEO SEGRETARIO

MASSIMO-L'ABBATE

In attesa del comunicato ufficiale con cui sarà sancita la nomina di Massimo L’Abbate – cui porgiamo gli auguri per il nuovo incarico di segretario del Pd, eletto con 193 preferenze e 11 rappresentanti conquistati nel direttivo, contro 147 e 8 per Lapolla, 24 e 1 per la Magistro, e dei risultati definitivi in termini di affluenza di votanti e tesserati, proponiamo la mozione del neo eletto segretario letta il due novembre ad apertura del congresso e non pervenuta in redazione, a differenza di quelle degli altri due candidati, ci auguriamo per mera dimenticanza e non per calcolo, essendo fondamentale in questa delicata fase del partito, come lui stesso sostiene, dialogare con la città attraverso i vari canali di informazione.

Buona lettura!

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“La storia del PD

Nell’ottobre del 2007 all’indomani della nascita del Partito Democratico, di cui mi onoro di esserne stato uno dei fondatori partecipando ed essendo eletto in quelle primarie, si presentò immediatamente la prima questione politica dirompente. L’allora consigliere regionale Sergio Povia, per le prossime elezioni, stava costruendo la candidatura a sindaco di Pasquale De Leonardis. Era appena caduta l’amministrazione Mastrovito.

Nei mesi successivi un gruppo di sette persone, tra cui il sottoscritto, provò a sventare quella che ritenemmo una forzatura inaccettabile sul piano della storia e della proposta politica. De Leonardis rappresentava il simbolo di quell’anti-politica degli anni ’90 su cui Povia fondò, osteggiandolo, le sue prime fortune elettorali.

Da quello schema, dai contorni misteriosi, dalle presunte promesse non mantenute in non meglio specificate segrete stanze, si presentò la tremenda debacle elettorale che portò a far vincere il centro destra e a far lacerare il Partito Democratico.

Poi è stato il tempo della segreteria guidata da Enzo Cuscito. Il PD era all’opposizione.

Un’opposizione guidata magistralmente dalla regia del PD e conclusasi con il rovesciamento della maggioranza, grazie anche al contributo sempre di Sergio Povia che riuscì a destabilizzare il quadro. Ma ancora una volta, nella costruzione della nuova coalizione politica, riprendono i misteri. Prima il PD mette in campo Povia per disinnescare quella maggioranza e quando l’obiettivo è raggiunto, si pretende che l’ex sindaco faccia un passo indietro rispetto alla prossima candidatura a sindaco.

Ne nascono e si susseguono pasticci all’interno del PD che portano all’inspiegabile fuga di Enzo Cuscito dalla segreteria, insieme ad un gruppo di altri uomini (che tutti insieme andranno a costruire un nuovo fronte candidandosi contro il PD stesso). In mezzo a questo percorso non mancano estremi tentativi, fortunatamente non riusciti, di quel gruppo dirigente di strumentalizzare figure emergenti all’interno del PD e funzionali solo allo smarcamento da una situazione critica.

Intanto quello che rimane del PD, sorretto dalla segreteria provinciale, non può che prendere atto che non esiste altra candidatura a sindaco credibile che non quella di Sergio Povia il quale nel frattempo aveva confezionato un’alleanza insieme ad altre forze politiche.

Il PD, che non era riuscito a crearsi una strategia, è costretto quindi ad andare al rimorchio di quella coalizione e nonostante tutto nella torna elettorale risulta essere il primo partito con la maggioranza relativa in consiglio comunale.

E poi ancora l’ennesimo congresso del PD ed ennesima finta pacificazione delle diverse anime presenti nel partito, con la guida di Gianni Valletta, sacrificatosi per la causa.

Dopo aver trascorso un anno in silenzio, iniziano le fibrillazioni e le incomprensioni tra il circolo ed il sindaco. O meglio si avvia il cortocircuito all’interno del PD tra il coordinamento di circolo e i suoi rappresentanti in giunta ed in consiglio comunale.

E’ difficile fare una ricostruzione di quello che è stato perché non sono stato presente in quelle riunioni. Appare evidente però che ad un comportamento del sindaco poco rispettoso nei confronti del PD, soprattutto nei modi e nei tempi, è seguito un altrettanto totale fallimento della linea politica e della coesione interna al partito. Prima di sfiduciare il sindaco la classe dirigente del PD è deflagrata, al punto da portare irresponsabilmente all’attenzione di un imminente congresso l’atto estremo della fuoriuscita dalla maggioranza.

Atteggiamento irresponsabile perché trasforma inevitabilmente questo congresso in un referendum pro e contro l’amministrazione, quando invece è di noi e di quello che siamo e vogliamo essere che dovremmo discutere.

Il partito che vogliamoE’ sicuramente quanto di diverso da quello che abbiamo visto finora. Innanzitutto il nostro è un partito che parla sempre per documenti ufficiali, utilizza un protocollo interno, li cataloga, ne tiene un ordine.

Il partito che vogliamo è un luogo dove si discute di cosa si vuole fare. Il partito, secondo i dettami della Costituzione, è la cerniera tra la società e lo Stato. Non è ne uno ne l’altro, il partito è un ponte, un mediatore, un laboratorio dove si costruiscono proposte. Gli amministratori del partito sono un’altra cosa, un pezzo importante del partito ma non sono “il partito”. Il partito che vogliamo ha al suo interno innanzitutto competenze. Uomini e donne che hanno visione, che offrono il loro contributo qualificato, perché la politica moderna necessita di soluzioni, non di chiacchiere. Oggi amministrare è impresa ardua, devi avere tempo a disposizione, capacità relazionale, intuito, ingegno ma soprattutto ci vuole una visione ampia, in qualsiasi campo. La nostra proposta congressuale pone all’interno del nuovo gruppo dirigente alcune professionalità in diversi settori: pubblica amministrazione, informatica, economia, comunicazione, organizzazione, tributi, ambiente, lavoro.

E lì dove non ha le competenze, non si può essere tuttologi, il nostro gruppo crede in un modo di lavorare ed approcciarsi ai problemi nell’ottica dello studio, della relazione verso il mondo esterno.

Il partito che vogliamo è accogliente, non diffidente. Alcuni nostri amici tesserati, lontani da quel tipo di partito che noi osteggiamo, sono stati accolti con diffidenza e freddezza all’atto del tesseramento. Il nostro è un partito aperto ed inclusivo, che non ha paura del confronto, che non ha paura di miscelarsi con sensibilità diverse dalle proprie ma unite dal desiderio di creare un partito di proposta, che vuole cambiare le cose per vivere meglio.

Il partito che vogliamo deve elaborare un progetto di città per i prossimi dieci anni non si occupa delle questioni di domani mattina.

E’ fondamentale un approccio sistemico a tutte le questioni, non più gestione delle emergenze ma progetti che guardino lontano.

Il nostro partito è anche il luogo della socialità, da ritrovare, da stimolare. Una socializzazione sulla polis, sulla qualità della nostra vita. Una socialità della cultura, della lettura, della condivisione, un luogo dove accrescersi ed imparare insieme. Il partito non è il dopolavoro ferroviario o il circolo ricreativo.

Il partito che vogliamo distingue i ruoli. Chi è candidato al Consiglio Comunale rimane tale, non diventa assessore. L’assessore si sceglie per competenze, per aver costruito una proposta in quel settore, per aver creato valore, perché si è distinto, perché lo merita.

Un partito che premia il merito non conta i pacchetti di voti. Un partito che ha regole e le fa rispettare non si appella alla legalità ed alla trasparenza, perché questi sono concetti basilari e scontati non opportunità politiche.

Il rapporto con l’amministrazione

Il nuovo gruppo dirigente, se lo saremo, non può che prendere atto delle ultime determinazioni del circolo rispetto alle questioni amministrative. Nessun nuovo segretario può sconfessare l’operato di chi l’ha preceduto, indipendentemente se il merito delle questioni è stato giusto o sbagliato.

Davanti a noi abbiamo quindi due possibilità:

1) Il coordinamento di circolo ribadisce la sua estraneità all’amministrazione, chiede ai propri rappresentanti in giunta ed in consiglio comunale di ritirare la fiducia ed il sostegno all’amministrazione comunale riportando la città alle urne. Un eventuale continuato sostegno dei consiglieri e degli assessori avviene quindi a titolo esclusivamente personale.

2) Si chiede al sindaco di ridare al PD la dignità ed il ruolo che gli spettano. Si azzera la giunta, si avvia una seria riflessione e verifica politica sui punti programmatici, sui ruoli all’interno della giunta e sulle deleghe. Ogni partito decide se confermare o meno i propri rappresentanti in giunta.

Si avvia un percorso programmatico da monitorare ad interventi regolari. Si ristabilisce l’incontro settimanale di maggioranza per la calibrazione delle attività.

Il Partito Democratico pone come condizione irrinunciabile la ridefinizione del proprio ruolo all’interno della maggioranza. Pensiamo che la nuova classe dirigente possa essere di grande aiuto nella fase propositiva dell’azione amministrativa. Su questo dobbiamo confrontarci.

E’ ribadito che il partito non si esaurisce nell’amministrazione della città.

Il partito deve operare nella città e negli strati della società, questo è il compito che ci siamo dati.

La città di domani

L’azione del partito per i prossimi anni è rivolta al futuro. Al primo posto mettiamo lo sviluppo della città con azioni di marketing territoriale, capacità di vendere il territorio attraverso attrazione di nuove imprese, capacità di reperire fondi comunitari, conseguimento di certificazioni di qualità come smart city e città slow.

Ci piace pensare ad una città che differenzi i suoi rifiuti fino al 100%, che disincentivi l’uso dell’auto, che sia sempre più verde e a portata di bambino. La previsione del nuovo PUG prevede l’esaurimento di zone da edificare e si concentra sul recupero e riuso del cemento in esubero. Questa è la strada.

La sfida sono i servizi ed il necessario rapporto tra pubblico e privato per crearne di nuovi per la collettività.

Questa città deve darsi una buona volta una vocazione che è naturalmente quella del terziario avanzato, del turismo soprattutto in ottica enogastronomica e del mondo del divertimento e della cultura.

Vogliamo una fiscalità comunale meno opprimente per i cittadini e più equa.

Per fare questo occorre ottimizzare e razionalizzare le risorse di cui l’Ente dispone, in modo da ridurre i costi per l’erogazione dei servizi. Tali costi devono essere chiaramente e puntualmente individuati.

La politica di domani si deve fondare su una nuova alleanza programmatica. Occorre recuperare il rapporto e la discussione con il partito di SEL sulla base dei contenuti. E’ necessario ristabilire contatti ed approcci con il mondo dell’associazionismo e della cittadinanza attiva. Riprendere il dialogo con quel centro civico con cui si avviò un discorso in campagna elettorale e che poi naufragò miseramente.

E’ fondamentale che il partito torni a parlare con la società organizzata e per questo bisogna ascoltare le loro esigenze e le loro idee. Questo fa un partito moderno. E non lo fa alla scadenza elettorale, lo fa da subito ed in modo vero e disinteressato.

Questo è il congresso della svolta. Non è il congresso della resa dei conti, è il congresso della chiarezza. Noi non siamo contro nessuno ma lavoriamo per fare qualcosa. Per costruire ed unire. D’ora in poi, questo è il nostro verbo, dobbiamo unirci o dividerci sulle cose da fare e solo su quelle. E sulle cose da fare, scevri da interessi particolari, la politica ha il dovere di fare sintesi, di mediare e di trovare soluzioni condivise purché sia indicata la direzione.

Si chiude un ventennio, fatto di un clima che ha messo al centro l’odio tra le persone, la personificazione dello scontro. Sono scomparsi i fatti. La città è rimasta sullo sfondo per lungo tempo.

Ci candidiamo a questo. Ad una svolta, e la svolta è adesso”.

 

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