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LA VITA DE “IL SERGENTE ROMANO” DI MARIO GUAGNANO

grotta serg romano

serg. romano cop Mario Guagnano, storico gioiese che ha dedicato anni allo studio della vita di Pasquale Romano e numerose pagine al brigantaggio politico in Puglia, nel 2013, in occasione del 150° anniversario della sua morte ha ripubblicato “Il Sergente Romano”, un’opera di grande impegno storico che a distanza di venti anni si presenta con l’aggiunta di nuovi documenti riguardanti il Sergente e gli ultimi mesi della sua breve ma intensa avventura, vissuta in nome dell’ultimo Re di Napoli, Francesco II.

Con prefazione di Pino Aprile l’opera è stata presentata in ottobre a Gaeta, in occasione del XXI Convegno tradizionalista e alla Provincia di Bari.

Il libro è diviso in tre parti – dichiara l’autore -, la prima si occupa della feroce insurrezione antiunitaria di Gioia del 28 luglio 1861, fomentata da un forte comitato borbonico locale, ispirato direttamente dai centri reazionari di Napoli e Roma. Dalle amare vicende gioiesi, caratterizzate da un tragico bilancio di vittime e che suscitarono un’impressione vivissima nell’opinione pubblica nazionale, si delinea la figura dell’uomo che sarà protagonista delle pagine successive di questo scritto: l’ex sergente borbonico Pasquale Domenico Romano.”serg. romano ill

Scampato alla repressione operata a Gioia dall’esercito e dalla locale guardia nazionale, il protagonista diviene brigante.

Dopo essersi salvato nel corso di un durissimo scontro con la Legione Ungherese che annientò la sua prima comitiva nel territorio di Montemilone – continua Guagnano -, il Sergente, con gli appellativi di Capitano, Errico La Morte o Franciscano Terribile, nel periodo maggio 1862 – gennaio 1863, in virtù di una misteriosa investitura ricevuta in una riunione segreta tenuta in una grotta nell’oscuro bosco Pianelle di Martina Franca, diventa il comandante di una formazione di briganti composta da circa duecento uomini.”

E’ uno dei momenti più importanti della storia del brigantaggio pugliese. Per la prima volta agivano insieme i protagonisti più importanti del movimento: Cosimo Mazzeo Pizzichicchio di San Marzano, Giuseppe Nicola La Veneziana – figlio del Re di Carovigno, Antonio Locaso – il Capraro di Abriola, Giuseppe ValenteNenna Nenna di Carovigno, Francesco Monaco di Ceglie, Marco De Palola Sfacciatella di Terlizzie molti altri. Con questi uomini Romano conduce una vera e propria guerra contro le forze liberali, sotto il suo comando sono provocati gli assalti ai comuni di Alberobello, Grottaglie, Carovigno ed Erchie. Le comunità che popolavano le campagne attraversate dai briganti furono sottoposte a dure rappresaglie, costrette da un lato ad ospitare e mantenere il brigantaggio e dalserg. romano grottal’altro a rispettare gli ordini delle autorità di chiudere le masserie e condurre il bestiame nei paesi. La sensazione che l’Unità d’Italia fosse stata una breve esperienza giunta ormai al suo capolinea, era diventata opinione ormai diffusa e radicata nei comuni pugliesi ed in particolare in quelli del Brindisino.”

La terza parte – conclude lo storico – narra gli ultimi giorni della vicenda del Romano. Le autorità militari corrono ai ripari ordinando un forte afflusso in questa parte della Puglia di grossi contingenti di fanteria e cavalleria con il compito di presidiare le contrade battute dagli uomini del Sergente. L’azione dei militari dà subito i risultati sperati. Nel dicembre del 1862, individuata da un reparto di fanteria, la comitivaserg. romano stele brigantesca è accerchiata e dispersa mentre è ferma nella masseria dei Monaci di San Domenico nei pressi di Noci. A questa sconfitta segue nel giro di pochi mesi la cattura o la morte di tutti i componenti della banda, compreso il Sergente che nel tentativo disperato di aggregarsi alle bande comandate dal noto brigante – Carmine Crocco -, è più volte intercettato dai cavalleggeri di Saluzzo e dalla guardia nazionale. Queste forze nel gennaio del 1863 lo attaccano provocando la sua morte e l’annientamento definitivo della sua banda nei boschi di Vallata di Gioia. La scomparsa della figura del Sergente coincide con la fine del cosiddetto brigantaggio politico in Puglia. Nel giro di due anni, seguì il dissolvimento del più vasto movimento reazionario diffuso in tutto l’ex Regno di Napoli, dove l’impiego da parte del Governo Italiano di 120.000 uomini del suo giovane esercito fu il riconoscimento implicito dell’importanza politica e militare del brigantaggio, in contrasto con la propaganda ufficiale che dinanzi all’opinione pubblica interna ed estera ne sottolineava i soli aspetti episodici e ladronecci.”

 

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