ANSALDO. SOTTOSCRITTA IPOTESI ACCORDO. A FAVORE DI CHI?
Sabato scorso l’ipotesi di accordo preventivo redatto dalla Sofinter é stato accettato anche dai lavoratori dell’Ansaldo Caldaie ex Termosud, e, sembrerebbe, da quanto è dato sapere, anche a “stragrande maggioranza” tra i lavoratori presenti, quasi il 50% (circa 100 sui 197 interessati dalle lettere di licenziamento ricevute). Accordo che prevede, a partire dal 1 aprile 2015, l’annullamento di tutta la contrattazione di 2° livello e l’adeguamento al CCNL puro, con il declassamento delle categorie già in possesso ed altro ancora, come elencato nel documento sottoscritto. Ma non tutti sono favorevoli o contenti, non a queste condizioni. Anche perché in disaccordo con quanto affermato dai sindacati, che “non ci sarebbero margini di discussione con l’azienda e che quindi va preso tutto come viene senza discutere o avanzare pretese”.
In poche parole un accordo a scatola chiusa in cui i lavoratori, per tramite dei sindacati, hanno accettato, ancor prima di avere una risposta definitiva dal Governo, quanto stabilito con la Sofinter all’indomani del “tavolo di confronto che si è riunito in più occasioni, a partire dal 4 febbraio 2015 al MISE, e che, accogliendo le richieste del Governo, ha individuato una possibile alternativa alla chiusura che richiede tra i vari temi la rivisitazione di alcuni elementi della contrattazione di secondo livello”.
Ma erano queste le richieste del Governo? Era questo che chiedevano i lavoratori colpiti da un inaspettato e fin troppo anticipato licenziamento collettivo? O era un piano industriale per salvaguardare i loro posti di lavoro a cui ha fatto seguito un prolungamento della Cassa integrazione per altri 24 mesi? E che bisogno c’era di far sottoscrivere queste ulteriori “condizioni” se la Cassa integrazione non è a carico delle aziende che la richiedono?
“Dopo questa ulteriore sottoscrizione di un accordo capestro, a fronte di una richiesta di Cassa integrazione guadagni speciale (CIGS), tra l’altro non ancora accettata dal Governo, posso affermare che quarant’anni di lotte dei nostri padri – sostiene un lavoratore -, sono stati buttati alle ortiche in cambio di nessuna garanzia. E la cosa peggiore è che i sindacati sulle ulteriori richieste dei vertici aziendali si sono espressi favorevolmente, senza nemmeno protestare più di tanto”.
In sostanza, il risultato della così definita, dagli stessi lavoratori, “lotta dura senza paura”, è da considerare, alla luce dei contenuti sottoscritti, come una semplice boccata di ossigeno, miscelata a letali dosi di anidride carbonica. Tanto da far affermare ad altri dissidenti -, “ma alla fine della cassa integrazione cosa è stato previsto? Cosa faremo? E’ certo che la normale attività lavorativa continuerà per tutti? Allo stato attuale – continuano -, non è stato previsto nulla di più di quanto sottoscritto. Per il dopo c’è il buio più assoluto. E’ stata una lotta al ribasso, solo per salvare il salvabile, altro che nessuno tocchi l’Ansaldo”.
E infatti la Sofinter, di cui l’Ansaldo Caldaie è parte integrante, sembrerebbe abbia predisposto un piano utile, secondo qualcuno, solo per una riorganizzazione interna già pianificata, si direbbe del gruppo più che della sola società gioiese. E gli investimenti promessi per una ripresa della produzione di Ansaldo Caldaie dove sono? Che fine hanno fatto? Ma nonostante ciò avrà, in assenza di passi indietro da parte della Regione Puglia, un bellissimo regalo finanziario. Pre (o pro?) elezioni? Un sostanzioso e congruo regalo monetario a fondo perduto, consistente in ben, forse più, tre milioni di euro di soldi pubblici che andranno nelle casse della Sofinter, non nelle tasche dei lavoratori. Senza contare la cassa integrazione che, come tutti sanno, è a totale carico dell’Inps. A fronte di cosa? Di una promessa?
“E su quali futuri investimenti si baserà questa promessa – chiede un altro lavoratore -, se, scorrendo le undici pagine del tanto decantato Piano Industriale aziendale, ci si rende conto dell’assenza totale di nuovi investimenti?”. A questo punto iniziano a sollevarsi altri dubbi.
Ma siamo sicuri che si tratti di un piano di salvaguardia dell’azienda gioiese che tuteli i nostri lavoratori? O non siamo, si presume, di fronte ad una semplice riorganizzazione del Gruppo, probabilmente già pianificata, con trasferimento di alcune lavorazioni e di unità operative al proprio interno, con il prepensionamento di 21 unità lavorative? Un piano in cui lo stabilimento di Gioia è destinato a ricoprire il ruolo, come afferma qualcuno più addentrato nella materia, di “terzista” del Gruppo stesso? Una operazione, si afferma, finanziata dalla Regione Puglia con 3 milioni di Euro per supportare una linea sperimentale dell’ITEA, di cui non si sa la capacità produttiva e nemmeno il fabbisogno del personale necessario a farvi fronte? Ma è normale tutto ciò? In genere certi “regali” – si potrebbe obiettare -, si fanno solo dopo aver ottenuto l’impegno al mantenimento del livello occupazionale in Puglia, non a un eventuale trasferimento di operai dalla Puglia in altre regioni. L’impressione è che l’operazione riorganizzazione interna di Sofinter, se dovesse andare a buon fine, vedrebbe finanziata anche l’attività di ricerca e sviluppo, che era di competenza negli anni scorsi dell’ITEA.
Se tutto ciò dovesse corrispondere al vero ci si chiede: “quelle ore di mano d’opera diretta previste per lo stabilimento gioiese, sono ore di nuova produzione o semplicemente un monte ore derivante da spostamenti interni di lavorazioni inerenti commesse già acquisite?”. E ancora. Leggendo le clausole contrattuali contenute nell’accordo, viene spontanea un’altra domanda: “l’accordo raggiunto e sottoscritto, salverà tutti i 197 lavoratori licenziati, o solo 140, 150 di loro?”
Senza contare che anche la Cassa integrazione non è certa. La chiusura della vertenza tra Governo, Sofinter, Regione Puglia e Sindacati è ancora in divenire. I nodi da sciogliere non sono da poco, come il numero dei lavoratori da “salvare”. Saranno tutti e 197 da tempo oggetto di licenziamento? A quanti di loro sarà chiesto di lavorare in altre aziende del Gruppo? A quanti saranno proposte le dimissioni concordate con collocazione in mobilità, con l’erogazione di un incentivo all’esodo pari a 10.000 euro lorde? Considerando l’entrata in vigore del Jobs Act, avvenuta lo stesso giorno della firma di queste proposte, la postilla ivi inserita: “nel caso di trasferimento di personale AC Boliers ad altre società del gruppo Sofinter non verrà applicato il jobs act”, sarà mantenuta?
Dubbi che forse saranno sciolti venerdì prossimo, 13 marzo, a Bari con la Regione. Così come la certezza del ricorso alla Cassa integrazione, se sarà avallata o meno dal Governo nell’incontro previsto per mercoledì 18 marzo a Roma.
Ultime annotazioni. Possibile che nessun esperto di diritto del lavoro abbia offerto il suo contributo professionale gratuito ai lavoratori? E gli stessi lavoratori, oltre ai loro sindacati di appartenenza, hanno consultato o no degli avvocati esperti di diritto del lavoro? E come mai si è deciso di sospendere ogni forma di protesta, vedasi scioperi e presidio, se tutto è ancora da definire? Qualcuno ha letto nella sfera di cristallo o tutta la storia è stata scritta a tavolino, per poi metterla in atto?
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