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Cronaca

MANIFESTAZIONE DEI LAVORATORI: “RIPRENDIAMOCI LA NATUZZI”

manifestazione natuzzi

manifestazione natuzzi Una manifestazione organizzata dall’USB, per martedì 16 febbraio 2016, per il rientro in produzione di tutti i dipendenti e per invertire il percorso di lenta agonia che ha intrapreso da anni l’azienda. Il concentramento dei partecipanti si terrà in Piazza Garibaldi a Santeramo in Colle alle ore 10.00. Seguirà, alle 10.30, l’avvio del corteo verso Iazzitiello dove è situato il quartier generale della Natuzzi.

Alla manifestazione sono invitati a partecipare gli esponenti politici e istituzionali che condividono le ragioni dei lavoratori e i cittadini che hanno a cuore il futuro del loro territorio e non si rassegnano alle ingiustizie sociali.

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A tale scopo, per meglio comprendere le ragioni di questa iniziativa, pubblichiamo il “Dossier Natuzzi SpA”, preparato dall’USB, in cui sono inseriti tutti gli aiuti economici pubblici elargiti, alla Natuzzi SpA dal 1997 ad oggi, per far fronte alle sue continue crisi economiche e alle sue esigenze di bilancio, al fine di scongiurare i licenziamenti che, a quanto è dato vedere e sapere, sembrano essere l’ago della bilancia di tutte le vertenze fin qui registrate e non finire mai.

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DOSSIER NATUZZI SPA

ALCUNI IMPORTANTI DAmanifestazione natuzziTI A PROPOSITO DELLA NATUZZI SPA

“La Natuzzi Spa, grazie ad un ingente investimento produttivo, di cui una quota maggioritaria proveniente dalle casse pubbliche come da Contratto di programma denominato “Progetto Natuzzi 2000”, nel 1997 raggiunse il suo massimo storico, relativo al numero di dipendenti in Italia, contando un organico di 3.466 [fonte: Una ricerca, una proposta. Filca-Cisl Puglia e Basilicata. A cura di M. Talamo, pag. 38]. Tuttavia, nello stesso anno, Natuzzi annuncia al mercato e ai dipendenti l’esigenza di avviare insediamenti produttivi in Brasile, Romania e Cina [fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno.it del 2/7/2013 di M. Scagliarini] e dopo breve tempo invia in questi paesi le sue migliori maestranze, affinché insegnino ai lavoratori del luogo le arti di fabbricare i mobili imbottiti. A distanza di pochi anni, negli stabilimenti italiani si comincia a fare ricorso agli ammortizzatori sociali. Infatti, copre il periodo che va dal 13 gennaio 2004 al 15 giugno 2005 la prima fruizione alla Natuzzi di Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria per riorganizzazione aziendale, seguita da un altro provvedimento di Cigs per crisi aziendale dal 16 giugno 2005 al 15 giugno 2006 [fonte: Verbale di accordo per istanza di Cassa Integrazione Guadagni in deroga, sottoscritto al Ministero del Lavoro il 15/6/2010 tra Istituzioni, Natuzzi Spa e OO. SS.]. Per poi continuare a fare richiesta, pressoché ininterrottamente, di misure di sostegno al reddito fino ai giorni nostri.

Parallelamente al ricorso agli ammortizzatori sociali, alla Natuzzi si è ridotto l’organico complessivo distribuito nei vari siti italiani, riassumibile nei passaggi che seguono:

– il 15 giugno 2010 il numero degli addetti in Italia si era ridotto a 2950 [fonte: Verbale di accordo per istanza di Cassa Integrazione Guadagni in deroga, sottoscritto al Ministero del Lavoro tra Istituzioni, Natuzzi Spa e OO.SS. nella stessa data];

– il 2 luglio 2013 era sceso a 2860 unità [fonte: Comunicazione ai sensi degli artt. 4 e 24 della L 223/91, diramata dalla Natuzzi Spa nella stessa data];

– per poi raggiungere quota 2341 dipendenti il 14 ottobre 2015 [fonte: Verbale di accordo per istanza di estensione del Contratto di Solidarietà, sottoscritto presso il Ministero del Lavoro tra Istituzioni, Natuzzi Spa e OO.SS. nella stessa data];

-mentre, è prevista per il futuro una forza lavoro ridotta a 1918 lavoratori, quindi esente dei lavoratori trasferiti nel sito di Ginosa e considerati esuberi [fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno.it del 24/12/2015 di ale.fla.]”.

QUALCHE CONSIDERAZIONE IN MERITO

“Dalla ricostruzione fatta sopra, emerge chiaramente che il ricorso alla Cig per gli stabilimenti italiani della Natuzzi Spa è iniziato quando la produzione in Brasile, Cina e Romania è entrata a pieno regime. Pertanto, a nostro modesto avviso, è bene partire dal concetto che gli esuberi alla Natuzzi sono la conseguenza di una precisa scelta di politica industriale, tendente alla delocalizzazione produttiva.

Inoltre, il risultato del trasferimento delle lavorazioni all’estero è stato che il numero dei dipendenti Natuzzi in Italia si è quasi dimezzato: dai 3.466 del 1997 ai 1918 stimati per l’immediato futuro. Tale riduzione di organico è avvenuto, nel primo periodo attraverso il mancato rinnovo dei contratti di lavoro a termine, per poi proseguire offrendo un incentivo economico per coloro i quali non si opponevano al licenziamento. Quest’ultimo punto merita qualche altra riflessione; a partire dal 2004 una crescente porzione di lavoratori è stata collocata in Cigs a zero ore, dunque costretta a vivere con circa 800 euro al mese, non potendo far fronte a tutte le vicissitudini che nel tempo si avvicendavano molti hanno dovuto accettare l’uscita incentivata, in modo da avere un sostentamento aggiuntivo alla misera indennità derivante dalla Cassa integrazione. Tra l’altro, l’opinione che ci siamo fatti interloquendo con molti ex dipendenti della Natuzzi è che perlomeno il 90% di loro non ha ancora trovato un altro impiego e continua ad essere iscritto nelle liste di mobilità. Da questo deduciamo che è palesemente fuorviante enfatizzare, così come fatto ultimamente, che “la Natuzzi riduce gli esuberi”, in quanto, grosso modo la riduzione degli esuberi è simmetrica alla riduzione complessiva del personale e un’entità considerevole di lavoratori passa dallo stato di esubero Natuzzi a quello di disoccupato. Mentre la Natuzzi opera imperterrita nel processo di ridimensionamento della forza lavoro, lo Stato continua a stanziare denaro pubblico a suo favore. L’ultima secchiata di soldi sulla testa di Natuzzi è piovuta lo scorso settembre e ammonta a 37,2 milioni di euro [fonte: Deliberazione della Giunta regionale pugliese n°1669 del 25 settembre 2015].

Anche il sopra citato trasferimento di parte dei dipendenti Natuzzi presso lo stabilimento produttivo di Ginosa non può essere tralasciato. E’ del tutto legittimo che un’impresa, con produzione articolata su diversi impianti com’è la Natuzzi, trasferisca maestranze da un sito all’altro se l’organizzazione del lavoro lo richieda. Suona però molto strano e anomalo se nello stabilimento di destinazione delle stesse maestranze non si verifica nessuna esigenza di particolari qualifiche e professionalità, in quanto lo stabilimento è stato chiuso molto prima della transizione. Pertanto, i lavoratori vengono trasferiti a Ginosa, ma allo stesso tempo collocati in Cigs a zero ore per riorganizzazione aziendale dal 2 maggio 2015 [fonte: Verbale di accordo, sottoscritto presso il Ministero del Lavoro tra Istituzioni, Natuzzi Spa e OO.SS. il 3/3/2015] e in Cigs a zero ore per cessazione dell’attività (praticamente l’anticamera del licenziamento) dal 16 ottobre 2015 [fonte: Verbale di accordo, sottoscritto presso il Ministero del Lavoro tra Istituzioni, Natuzzi e OO.SS. IL 14/10/2015]. L’unica spiegazione che ci siamo dati a questo incomprensibile e virtuale spostamento di truppe come nel gioco del Risiko, è che quest’operazione potrebbe essere finalizzata ad aggirare i criteri di selezione del personale da collocare in futuro in mobilità [fonte: Legge 223/1991, art. 5, co. 1], se così fosse sarebbe riprovevole e aberrante che Fillea-Cgil, Filca-Cisl e Feneal-Uil abbiano sostenuto tale ignobile manovra”.

LE PROPOSTE DELL’UNIONE SINDACALE DI BASE

“Noi partiamo dall’idea, radicata tra i lavoratori e per molto tempo anche nei vertici aziendali, che la forza lavoro distribuita nei vari impianti tra Puglia e Basilicata appartenga ad un’unica entità socio-economica: la Natuzzi Spa e da quest’ultima mutiamo l’ideale della “Grande famiglia”, concetto egemonico nelle convention che l’omonimo patron organizzava a fine anno nel Palazzetto dello Sport di Santeramo. Per cui non esistono distinzioni tra ginosini e materani, tra lavoratori in produzione e sospesi a zero ore, tra impiegati e operai. Sono tutti “collaborati della Natuzzi”. Per cui o ci si salva tutti o si va a fondo insieme.

L’Unione Sindacale di Base è impegnata e si batterà con tutte le sue forze affinché la Natuzzi Spa superi questo lungo periodo di stillicidio di posti di lavoro e ritorni ad assumere in loco. Tuttavia, riteniamo del tutto sbagliata la direzione che essa ha intrapreso per raggiungere tali obiettivi. Non è, infatti, con l’ostinato perseverare verso la riduzione del costo del lavoro che si esce dal pantano. Considerato che, per quanti elementi retributivi azienda e sindacati complici possano concordare di tagliare e per quanti lavoratori esausti possano decidere di allontanare, ci saranno altri che in qualche angolo del mondo riusciranno a produrre a costi ancora più bassi. La Natuzzi deve, quindi, adottare, per davvero, una politica di valorizzazione della qualità del suo prodotto frutto dell’artigianalità e professionalità dei mastri alle sue dipendenze. Ovvero, offrire un bene dal costo maggiore rispetto a quello fabbricato da cinesi o altri, ma che allo stesso tempo valga di più del suo concorrente, oltre ad effettuare indagini di mercato per capire quali altri prodotti necessitano.

Va però aggiunto che Natuzzi adotterà un Piano industriale degno di questo nome e conforme ai contenuti sopra citati solo se sarà costretto a farlo per forza maggiore e questo avverrà quando gli sarà imposto di assumersi le proprie responsabilità sociali e reintegrare in produzione tutti i suoi dipendenti. Se, viceversa, i sindacati assecondano Natuzzi nello scegliersi chi preferisce tenere a lavorare, mentre gli indesiderati sono da scaricare altrove e le Istituzioni stanziano in suo favore ingenti somme di denaro pubblico, anche se non si prevede l’ampliamento dell’organico ma piuttosto il ridimensionamento, non si comprende assolutamente per quale motivo Natuzzi dovrebbe mutare strategia e ingegnarsi in altro modo.

Pertanto, la nostra proposta di estendere il Contratto di Solidarietà all’intera forza lavoro dell’industria santermana non è solo un doveroso atto di giustizia sociale e legale, ma è l’unica via percorribile se si vuole evitare la totale estinzione della Natuzzi nel territorio murgiano. Se poi in zona altre imprese effettueranno nuove assunzioni noi saremo contentissimi, ma siamo anche del parere che in questo caso debbano avere la priorità i disoccupati di lunga data che non percepiscono nessun tipo di indennizzo, ma i dipendenti Natuzzi un lavoro già ce l’hanno e fanno bene a tenerselo stretto.

Infine, chiediamo alle Istituzioni interessate, in primo luogo Regione Puglia e Regione Basilicata, di prendere posizione in relazione al fatto che, nel mentre la Natuzzi percepisce 37,2 milioni di euro per il decantato “rilancio industriale”, dall’altro – contraddittoriamente e inopinatamente – si appresta a licenziare i 360 lavoratori dello stabilimento di Ginosa. I soldi pubblici non possono e non devono essere dati ad aziende che licenziano personale.

Tale posizione, a nostro modesto avviso, non è assolutamente estrema o strampalata, ma è di semplice buon senso e di salubre politica”.

USB Lavoro Privato Puglia 

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