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L’ULTIMO SALUTO IN RICORDO DEL MAESTRO GAETANO PAVONE

Gaetano Pavone

Il 31 luGaetano Pavoneglio, dopo aver lottato contro un male che non perdona, il maestro Gaetano Pavone ha dovuto arrendersi. Dalla mattinata del 31 luglio è nella Chiesa di San Francesco e lunedì – 1 agosto – alle 10.15, l’ultimo saluto gli sarà rivolto nella Chiesa di Santa Lucia.

Del maestro, 102 anni vissuti tra due secoli con estremo senso civico, ricorderemo l’infinito amore per la patria, il fervido credo politico, l’instancabile impegno nel divulgare il suo pensiero sulla politica e su temi di attualità attraverso meditate e mai scontate riflessioni. Un uomo che non è vissuto con lo sguardo volto al passato – ricchissimo di avventurosi eventi bellici e ricordi – ma al futuro, tenendosi al passo con i tempi ed informandosi su tutto con ammirevole curiosità.

Anche quando – ferito dalle vicende che hanno portato la sua città e l’intera nazionantonio pavonee al declino – ha sentito l’urgenza di denunciare casi di mal politica, nel suo appassionato indignarsi è sempre stato sobrio e misurato. La sua presenza ed il suo costante “esserci” nel partito di Rifondazione Comunista finché ha potuto, offrendo ai giovani la sua esperienza ed il suo inesauribile entusiasmo, sono stati esempio di dedizione e serietà.

Uomo del suo tempo, padre e nonno affettuoso, studioso di storia e politica, lucidissimo nel ricordare il passato di cui è stato testimone e protagonista, lungimirante nell’interpretare il presente ed il futuro, mancherà a tutti! A suo figlio, Antonio Pavone, ai suoi cari tutti, insieme al nostro più sentito cordoglio, un suo ricordo, pubblicato su “La voce del paese” nel dicembre del 2014, in occasione del suo 101° compleanno.

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GAETANO PAVONE… 101 ANNI DI PATRIOTTICI RICORDI

“Gaetano PAlbaniaavone, 101 anni di vita e di storia, il 20 dicembre festeggia il suo compleanno anche se tiene a precisare di essere stato registrato all’anagrafe il 10 gennaio del 1915.

Una mente brillante, allenata da letture impegnate e da un vivido interesse per la politica e la storia. Nel suo studio illuminato da un raggio di sole, appare fragile, sottile come in giunco eppur tenace. Con voce sicura, sia pur bassa, si abbandona ai ricordi…

“In famiglia eravamo in sei, il papà era un piccolo commerciante… avevo due sorelle, una di loro lavorava. Ho frequentato l’istituto “Mazzini”, ricordo la maestra Nico Pedrazzi, una signora di origini leccesi, moglie del dirigente, che portava in classe lo scaldino. Dopo le scuole medie ho studiato privatamente per l’ammissione al liceo classico. L’anno in cui conseguii la maturità, era preside De Palma. Nel periodo bellico ho effettuato il concorso, poi arrivò la cartolina di precetto e venni richiamato come Allievo ufficiale di complemento. Effettuai un corso e nel 1943 divenni istruttore di reclute. Partecipai alla campagna in Albania che ci vide sconfitti, ero Ufficiale di complemento nella X Fanteria. Ricordo quell’inverno, il viaggio in treno con gli Alpini e poi sul piroscafo diretti vero il fronte greco…”

I ricordi si sgranano, assumono connotazioni storiche… la battaglia in cui perse il mitragliere colpito al capo, lo scoraggiamento per essere in inferiorità numerica, il coraggio degli Alpini, insieme sullo stesso fronte, la guida al plotone, le armi. “[…] Erano bravi ragazzi, ma eravamo in pochi e fummo accerchiati. Mi disarmarono e venni fatto prigioniero. Incontrai un dottore greco che parlava italiano e divenimmo amici…. Aveva casa a Milano e mi disse: “Ho curato molti feriti, i suoi uomini stanno bene, se è fortunato mi venga a trovare a Milano”, poi mi consegnò il suo biglietto da visita. Ci portarono lungo la frontiera, bruciarono i nostri vestiti e ci spidocchiarono. Ricordo che quando attraversammo Atene ci applaudivano e offrivano sigarette… poi ci chiusero in un carcere in campagna. La prigionia era interminabile…”

Affascina ascoltarlo parlare di Creta, di Alessandria d’Egitto, dell’India, di Melbourne dove imparò l’inglese, della prigionia in terra australiana, del campo circondato da filo spinato e dei tentativi di fuga dei suoi compagni, mentre a turno scavavano tunnel, ed ancora la caccia al coniglio, preda ghiotta in tempi di fame…

Non tutti sanno che Gaetano Pavone ebbe come compagno di prigionia Aroldo Tieri, direttore del teatro di Siena che lo invitò, al termine della guerra, ad un raduno per esorcizzare i ricordi negativi degli anni di prigionia.

Ed infine il ritorno in Italia, i progetti europeisti che in quegli anni nascevano nei circoli di sinistra… Nel 1950, all’età di 35 anni si sposa, tre anni dopo nasce suo figlio Antonio.

“Vinto il concorso magistrale insegnai prima a Taranto, fino al ’60, poi a Bari. Mi laureai in Filosofia e mi trasferii a Gioia. Insegnai alla Mazzini e alla San Filippo Neri, conclusi la mia carriera al Liceo classico dove insegnai per due anni…”

Tra i suoi alunni Gianmarco Surico, Filippo Lerede e Francesco Pastore che pare fossero parecchio vivaci.

Del passato più recente racconta poco, forse dà per scontato che tutti ricordino il suo impegno, la sua militanza in quella sinistra traboccante di idealità in cui riversò il suo impegno. Poco più che ottantenne Gaetano Pavone scrive a mano i suoi articoli pubblicati su Atlante, su Gioia in Cronaca, la Piazza e su riviste locali, sempre pungente ed attento agli accadimenti politici che possono minare la libertà, la stessa per cui avrebbe dato la vita, consapevole dei danni irreversibili che dittature e guerre arrecano all’umanità.

Auguri, professor Pavone! Lunga vita a chi – come lei – la ama!”

DALILA BELLACICCO

 

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