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LICEO: “STUDIARE LA “SHOAH” SENZA SENTIMENTALISMI”

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auschwitz_arrivo_alleatiIl 27 gennaio 1945, a circa 50 kilometri a ovest da Cracovia, le truppe sovietiche abbattevano i cancelli del più esteso centro di sterminio della razza ebraica, costruito durante l’occupazione nazista della Polonia: Auschwitz Birkenau. Oggi, quello che un tempo è stato sede di inimmaginabili soprusi e di inaudite violenze, è un luogo dedito alla memoria delle vittime dello sterminio.

La data della liberazione di Auschwitz rappresenta simbolicamente la fine della persecuzione del popolo ebraico, motivo per cui nel 2000 il Parlamento Italiano ha istituito la “Giornata della Memoria”, al fine di ricordare la “shoah” tramite “momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico…”.

studenti-liceoIl liceo classico P. Virgilio Marone del nostro paese ha vissuto la Giornata della Memoria con profonda partecipazione al dolore che il ricordo di quest’oscura pagina della storia europea evoca. I ragazzi del ginnasio si sono impegnati nella lettura e, successivamente, nella trasposizione in fotografia, di un’opera che emerge dal mare magnum della letteratura sull’olocausto: “Essere senza destino”, di Imre Kertèsz, premio Nobel 2002.

Un racconto di come, nei campi di concentramento, le ingiustizie finissero per essere metabolizzate dai prigionieri, fino a diventare quotidiane e, quindi, normali; di quanto inumane fossero le condizioni in cui i deportati erano costretti a vivere, spossati dalla fameprof.-mario-piepoli, dal freddo, dalle malattie, dal lavoro forzato. La rivelazione dell’orrore scatenato dall’assistere al graduale disfacimento del proprio corpo.

Un’opera intensa, la cui forza sta nell’autenticità dello scrittore, ebreo ungherese scampato alla morte che, tuttavia, vorrebbe farsi portavoce di un messaggio di “felicità”, poiché “non esiste assurdità che non possa essere vissuta con naturalezza”.

Ai video realizzati dai ragazzicasa_rossa, che alle frasi più significative dell’opera di Kertèsz hanno associato fotografie scattate da loro, segue l’intervento di Mario Piepoli, funzionario del Comune di Alberobello e portavoce di Sebastiano D’Oria, testimone delle condizioni in cui, tra il ’43 e il ‘45, centinaia di ebrei sono stati internati nella Casa Rossa di Alberobello, oggi monumento nazionale.

Ebrei prelevati dal Nord Italia, deportati al Sud e internati senza alcuna spiegazione, hanno atteso per anni una risposta che non sarebbe mai arrivata, rassegnandosi all’idea di un’esistenza alienante e oscena, in pessime condizioni igienico-sanitarie. In virtù dell’ospitalità offemario-piepoli-profrta dagli abitanti di Alberobello agli ebrei durante le persecuzioni razziali, nel 2002 l’Associazione Italia-Israele ha donato al Comune di Alberobello un ulivo proveniente dalle colline di Gerusalemme, inizialmente impiantato nel centro del paese e successivamente trasferito in un luogo più emarginato, dove, lamenta Mario Piepoli, non può essere valorizzato simbolicamente. Sarebbe auspicabile, invece, che la visuale di un così significativo emblema della gratitudine del popolo israeliano nei confronti dei cittadini di Alberobello venga ottimizzata a dovere.

Ai ragazzi, Piepoli si rivolge con un appello: quello di accostarsi alla studio della “shoahsenza troppi sentimentalismi, evitando gli atteggiamenti celebrativi e troppo poetici e impegnandosi, piuttosto, a conoscere la storia delle persecuzioni razziali tramite lo studio di fonti storiografiche e documentali.

auschwitz_2L’atteggiamento più corretto, quindi, sarebbe quello scientifico, obiettivo, che renda conto della concretezza e della dimensione che lo sterminio ha avuto, per scongiurare il pericolo che nell’immaginario collettivo il fenomeno della “shoah” venga enfatizzato a tal punto da non crederlo reale, da pensarlo come una fiction.

Si dichiara d’accordo il professor Attolico, secondo cui soltanto approfondendo il fenomeno dal punto di vista prettamente storico, ci si potrà rendere conto dell’incommensurabilità della tragedia che si è consumata: per non dimenticare, per non dimenticarli, per non dimenticarci.

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