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GIOIA/FIERA, SI CHIUDE TRA POLEMICHE E CONSENSI-foto-

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gioiafiera_manifesto“Baccanà – Gioia/Fiera”, anche questa seconda edizione chiude i battenti tra acclamazioni, consensi e inevitabili polemiche.

Oggettivamente si è tentato di far tanto – forse troppo – concentrando in soli sette giorni eventi che avrebbero animato un’intera estate.

Gli organizzatori della rassegna – in primis Vito Marvulli, Franco Giordano e Alessio Milano – animati da buoni propositi e tanta buona volontà, non si sono risparmiati.

Ogni sera in prima linea, spesso impegnati a risolvere problemi dell’ultim’ora (talvolta dribblati o “rimpallati” con esperti assist, sia concordati che improvvisati), di tanto in tanto anche sul palco per un saluto agli ospiti, ma più spesso in piedi, dietro “le quinte”, attenti agli “umori” del pubblico e pronti a far strada a sindaco, assessori e consiglieri, fugaci “meteore” di passaggio, presenti ad inizio o fine spettacolo, di rado per l’imario-rosini-fierantera durata.

Questo impegno non solo è stato percepito ma – al di là di ogni critica più o meno costruttiva – anche apprezzato.

Così come è stata apprezzata la scelta di invitare Mario Rosini, Danny Losito e Antonio Da Costa (al secolo Antonio Pellicoro), gioiesi D.O.C. ed artisti affermati che esportano la “gioiesità” nel mondo. Investire su di loro, restituirli alla città ed ai gioiesi in concerti di pregio, è stata una idea vincente.

Mario Rosini e la sua orchestra jazz hanno donato brividi ed emozioni al pubblico di Gioia /Fiera il 7 agosto, Danny Losito con l’aiuto di Cico Cicognani e Matteo Monti ha ricreato sofiera_da_costa_follaund da discoteca e con la sua simpatia ha portato in pista più di un “nostalgico”, l’11 agosto.

Antonio Da Costa, complice la “Sagra della Mozzarella”, si è esibito davanti ad un pubblico “oceanico” dal quale ha attinto e al quale ha restituito energia “spettacolare” in tutti i sensi.

Il “mangiafuoco” – acrobata e le ballerine in piume di struzzo brasiliane – note di “colore” di un percorso musicale con radici nel folclore pugliese (pizziche e tarantelle), innesti nelle sonorità mediterranee e contaminazioni ritmiche sudamericane (rumba e salsa), hanno divertito e coinvolto il pubblico in danze e canti.

fiera_martino_nettisMartino Nettis donando “provole” alle ballerine ha reso esilarante e goliardico il finale del concerto, mentre la sua provocazione bonaria, tesa a rievocare i trascorsi giovanili di Antonio Da Costa alle prese con baffi finti e imbarazzanti ingaggi nelle bande che accompagnavano i cortei funebri, ha consentito al musicista di abbandonarsi ai ricordi e narrare una pagina di vita vissuta, condivisa con emozione con il pubblico, al pari della musica.

Su Cabiria si è già detto e scritto (FIERA: RETROSCENA DI UN ESORDIO NON FELICE -foto-). Organizzazione, acustica, mancanza di una “piazza” (l’arena non rende giustizia) e savoir faire nel relazionarsi con i musicisti ed i fiera-bande-tavolo-giuriamaestri (nel corso della prima serata, la seconda è andata meglio) sono i punti “deboli” di questa prima edizione del festival, decisamente da “perfezionare” e riproporre il prossimo anno, magari affidando l’organizzazione ad esperti del settore che nell’entourage dell’amministrazione non mancano.

Punti di forza la simpatia di Michele Marvulli, le premialità inserite nel contesto, i due presentatori Mimmo Marvulli e Marisa D’Elia, lanciati nell’agone senza paracadute, all’insegna della più totale improvvisazione, la bravura dei musicisti e la passione per la banda che torna ad “ardere” anche grazie a progettualità provinciali fiera-lallo-antonicellie regionali come quella di Domenico Zizzi, presidente della Federazione di Bande Pugliesi e consulente artistico del Festival internazionale di Bande della Valle d’Itria, che non si arrende e lavora da tempo alla creazione di un archivio storico sulle bande e riporta a “scuola” tra i più piccini il gusto di suonare uno strumento non per studio ma per gioco.

Cabaret promosso a pieni voti, è lo spettacolo estivo per eccellenza: rilassa, coinvolge, diverte, anche quando “offende” (è il caso dell’epiteto rivolto il 13 agosto da Teresa Lallo a Federico Antonicelli, poco a suo agio nelle vesti di libidinoso “maniaco”, così come la maggior fiera_cabaret_duoxdueparte del pubblico maschile, invitato a partecipare “attivamente”). Emblematica, a tal proposito, la reazione di Vito Buttiglione che alla richiesta della Lallo di fare il “verso” del maniaco, ha risposto: “Dica trentatre” ed ancora “Dica sessantadue”.

Bravi i Due X Duo Peppe Laurato e Massimo Borrelli, Oscar Biglia, Pier Massimo Macchini, Domenico Lannutti ed Antonio Covatta, che con la loro comicità hanno reso ebbri e rallegrato gli animi al pari del Primitivo in bella mostra nel salone.

Da sottolineare l’attenzione ai dettagli di chi ha allestito fiera-stand-vino-primitivogli stand “vinicoli”, non solo raffinati nella scenografia ma anche impreziositi da inaspettate “rivelazioni” sulla storia dei vini fornite durante le degustazioni, così come va registrata la signorilità e l’indiscusso stile del responsabile nel donare bottiglie di primitivo di Manduria ai “vicini” di cantina, un bel gesto che denota attenzione alla convivialità.

Non altrettanto può dirsi al riguardo della “mozzarella”, nonostante le siano stati dedicati ben due giorni in “sagra”. Pochi gli stand e poca la promozione del prodotto, ad eccezione della coreografia delle sculture in pasta di Nettis, mattatore e “attore” dell’intera fiera_matteo_antonicellimanifestazione, sempre pronto a donare i suoi prodotti agli artisti.

Decisamente marginale e poco “reclamizzato” anche il convegno coordinato il 13 agosto dal GAL di Matteo Antonicelli “La treccia della Murgia e dei trulli verso la Denominazione di Origine Protetta” (assente sul calendario, con un unico riferimento nella brochure all’interno del saluto di Franco Giordano, ma privo di riferimenti orari).

Perfetti gli inserti culturali “Il tempo della trebbia” impreziosito dagli scritti di Marisa D’Elia, pubblicati in fiera-artistincantinacoda all’articolo, la mostra di Renato Javarone, le installazioni e le foto “ritoccate” di Maurizio Di Feo, la Cantina di Artensione e i suoi quadri d’annata.

Desolati, di contro, gli stand delle associazioni, ad eccezione di quello dell’U.T.E., privi di “promoter”, solitari e silenti.

Provocatori, nonostante l’assenza di un contraddittorio, quelli degli assessorati, propositivi ma “univoci” dal punto di vista comunicativo, così come è apparsa poco efficace e “strumentale” la formula del referendum in assenza di “interlocutori politici”.

fiera_a_cavalloSu “Fier – a – cavallo” massima solidarietà verso i poveri pony ed i cavalli della Scuderia Primavera, “stremati” dalle attenzioni di grandi e piccini ed una riflessione a margine: dal punto di vista igienico – sanitario nessuna controindicazione al trotto e alle passeggiate sullo sterrato in linea d’aria a pochi metri dagli stand gastronomici? Era ben visibile a occhio nudo l’inevitabile “polverone” sollevato dagli zoccoli e trasportato dal vento, che unito a quello provocato dalle auto disperse tra gli ulivi avrà causato più di un disagio.

A tal proposito efficaci ed efficienti i volontari di Gioia Soccorso, che con direttive precise e senza incertezze fiera_pubblico_scarsohanno invitato gli autisti a parcheggiare e “diretto il traffico” in modo egregio, armati di walkie talkie, catarifrangenti e barre luminose.

Ritrovare l’auto a fine serata nonostante le lettere indicanti le aree di parcheggio non è stata, però, impresa da poco al buio e tra il terreno. Quel che invece non si è ben capito (e ha dato adito a più di una illazione) è il divieto di sosta ai lati sterrati della strada “spuntato” il terzo giorno con ordinanza sindacale, un parcheggio che davvero non creava alcun problema alla viabilità e risultava comodo e agile.

hills-joy-palcoAi numerosi musicisti esibitisi in tarda serata, a volte nella “corte”, a volte nell’arena, un plauso! Bravi, coraggiosi e soprattutto generosi: i Pop City Fabiana (splendida voce) e Fabio (unico “strumento”), ottima la loro performance, Gianni Rosini in “Notti lunatiche”, gli HILL’S JOY CHOIR in brividi “gospel”, i Cleverness sempre affidabili e trascinanti, i Bifolk, i Camera con vista, i Nottetempo… Ognuno di loro si è messo in gioco ed ha fiera_sparagnacontribuito alla magia delle notti in fiera.

Infine i Ventanas e Ambrogio Sparagna (SUONI DELLA MURGIA… UN “BACCANÁ” FLOP-foto-), due jolly che avrebbero animato e non poco l’estate gioiese, “giocati” con poca lungimiranza e “sprecati” in fiera.

Cabiria e la selezione delle Miss (spettacolo costoso –parrebbe intorno agli ottomila euro – non proprio indispensabile) hanno lasciato davvero poco spazio ai fuoriclasse dei “Suoni della Murgia”!

Volendo andare in estrema sintesi, proporre meno eventi e fiera-danny-lositoorganizzarli meglio, ospitandoli non solo in fiera ma anche in città e in tempi più distesi, così come valutare la logistica della singola iniziativa sulla base del pubblico che potrebbe fruirne, valorizzando gli esordienti in cornici più ospitali e meno decentrate potrebbe non essere un’idea peregrina.

Anche se… è più facile suggerire (e criticare, sia pur costruttivamente) che agire, l’ottica cambia e le energie da dispensare anche.

Non si può però negare che ritmi serrati – a tratti “bulimici” – non consentono di gustare a pieno e valorizzare quel che viene proposto ed è davvero un peccato, perché in questi sette giorni non tutto si è potuto pubblicizzare adeguatamente, seguire e recensire, pur meritandolo.

Un grazie ed un plauso a Mario Di Giuseppe per aver contribuito anche quest’anno con i suoi inconfondibili scatti.

———————-marisa-delia

LA MIETITURA E LA TREBBIATURA

I mietitori cantavano sui campi del lavoro,
il sole accarezzava le spighe, sembravano d’oro.
Ammucchiate sull’aia i covoni erano accatastati,
raccolti ai primi chiarori del giorno, erano stati tagliati.
Le cicale, nascoste nel grande gelso stridevano noiose,
cani pulciosi, inseguivano abbaiando le galline formose.
La mietitura era un rituale che coinvolgeva tutti,
c’era da raccogliere dagli alberi, fichi, mandorle e succulenti frutti.
Per la trebbiatura, giungevano le giovani campagnole,
i capelli raccolti in fazzoletti colorati, per ripararsi dal sole.
Portavano il pranzo, pane, caciotte, pomodori e acqua fresca,
prestava aiuto anche il vicinato, che grande festa!
Girava sull’aia il cavallo, pestando le spighe tagliate,
le pressava con gli zoccoli, venivano sminuzzate.
I chicchi uscivano dalle spighe, come sassolini preziosi,
era il raccolto di un anno, di tanti momenti ansiosi.
Poi il settaccio, se c’era vento separava la paglia dal frutto,
nella coperta scendeva il frumento lucente, asciutto.
Il raccolto finiva con fatica e sudore versato,
un bicchiere di vino fresco, dal fiasco veniva gustato.
Era la vita campestre di un tempo lontano,
con la semplicità, l’onestà e una stretta di mano.
Una fisarmonica, un canto, un’ appassionata tarantella,
era sbocciato un nuovo amore, con una contadina bella.
Fra l’ulivo, l’oleandro e il profumato rosmarino,
i grilli con l’archetto un po’ stonato, iniziavano il concertino.

 

ALLA MIA VECCHIA GIOIA DEL COLLE

Rossi gerani ai balconi e alle finestre, sapore di serenità,
i vecchi tetti e le botteghe degli artigiani, quanta magia e qualità.
Le fontanine dei borghi e le donne con le brocche,
attingevano l’acqua, e dissetavano le vermiglie bocche.
La vecchia nonnina con i ferri e la lana creava calzettoni,
ragazzetti con sorrisi sdentati, giocavano senza preoccupazioni.
Le cantine con la frasca di leccio appesa sull’uscio, vendevano vino,
giocavano a carte gli anziani su un vecchio tavolino.
Si spargeva nell’aria il buono odore di legumi e di varie fritture,
gustavamo peperoni, lumachine lesse con olio e origano, senza paure.
Caratteristici i motivi dei venditori ambulanti, al mattino,
tra questi, il lattaio, l’ortolano, l’ombrellaio e l’arrotino.
Quanti bimbi in braccio alle mamme con il nasino impiastricciato,
strillavano, scalciavano mordicchiando la crosta del pane bagnato.
Le nostre chiesette con un annoso altare, un lumino,
le anziane donne alla prima messa con la corona e il nero libricino.
Dai forni, la fragranza del pane sfornato, ancora bollente,
accorreva la gente, con il timore di non trovare più niente.
I braccianti andavano in campagna con il carro e il cane volpino,
schioccava la frusta sul cavallo, fischiettava allegro il contadino.
Scendeva la sera, nei borghi e nei vicoletti,
brillavano i lumi a petrolio, i gatti passeggiavano sui tetti.
Nitriti di cavalli, nelle stalle accanto alle case, l’abbaiar dei cani,
una preghiera, un segno di croce, un pensiero al domani.
Sogno ancora i tuoi vecchi borghi, gli orti e i giardini,
le bianche scale di pietra con gli alti gradini.
Fra gli ulivi d’argento, le messi e i vigneti,
le pecore che brucavano insieme agli agnellini cheti.
Cercherò fra le fotografie dal tempo sbiadite,
grappoli di pomodori, melograni e susine saporite.
Lontani ricordi d’infanzia: il girotondo, le belle statuine,
i dentini caduti, sotto il bicchiere, in regalo le monetine.
Poi, all’ultima fontana al margine di una stradina,
il viso mi bagnerò, come una bambina.
Come ogni giorno inseguirò fra le nuvole una rondinella,
e salutandola dirò: sai, la vita è bella!
Magnifico sarebbe il mio paese, con l’onestà l’amicizia,
un abbraccio, un bacio, senza malizia.
Con questo augurio saluto tutti con allegria,
vi porterò sempre nel cuore, con affetto e simpatia.
Marisa D’Elia

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