VITO MARROCCOLI, UN PERCORSO DI VITA IN RIME-foto
“Il percorso di mia vita in rime”, questo il titolo del libro presentato da Vito Marroccoli il 13 agosto nel Chiostro del Comune, in un incontro organizzato dall’Associazione “Vivere con Gioia”.
Un libro nel quale si tratteggiano e “dipingono” in versi personaggi gioiesi, scorci di una città antica e vissuti personali e familiari in vernacolo ed in italiano.
L’autore, nato a Gioia ma vissuto per più di quarant’anni lontano dalla città in quanto impiegato presso le Ferrovie dello Stato, ha concluso la sua carriera a Bari, nella segreteria dell’Ente ed oggi è residente a Cassano.
Accanto a lui il vicesindaco Franco Ventaglini, Claudio De Leonardis, presidente della Commissione Cultura della Provincia di Bari e l’editore Vito Carlo Rella.
“L’opera di Vito Marroccoli è un viaggio tra i ricordi, nel quale si incontrano personaggi cari ai gioiesi, che molti giovani non conoscono. La sua testimonianza – afferma De Leonardis – costruisce un tassello del patrimonio artistico della città.”
Ventaglini, in rappresentanza del Sindaco Sergio Povia e dell’assessore alla Cultura Piera De Giorgi, entrambi assenti, non ha dubbi: “…Le poesie di Vito sono delle belle schegge di vita, anche se tutta la vita lo è. Siamo sensibili a queste cose, a rivalutare l’immagine dei gioiesi. Per questo abbiamo acquistato 50 copie che daremo in omaggio alle autorità dei Comuni viciniori.”
L’editore Rella ringrazia l’Amministrazione e l’Associazione “Vivere con Gioia” senza di cui la serata non avrebbe avuto luogo. Precisa che il numero di copie è limitato ed il prezzo di 10,00 euro copre le sole spese, per cui è opportuno scegliere con cura a chi donare il volume.
La parola passa all’autore, visibilmente emozionato. Dopo i ringraziamenti di rito entra subito in tema.
“La poesia è lo zoccolo duro della letteratura, se non è compartecipata non ha valore, però è come una virgola, se messa al punto giusto nei capitoli di storia della vita può cambiarne il significato. Sono poesie vissute in prima persona, in cui rifletto su come siamo fatti con difetti e intolleranze, ma anche messaggi per capirci ed amarci. Saluto i miei colleghi ferrovieri, accanto ne ho due, ricordo ancora a memoria tutti i loro numeri telefonici, se non 200 almeno 199, l’ultimo è quello riservato tra me e Dio.”
Quindi legge alcune poesie, non quelle che potrebbero tradire la sua emozione, e nonostante ciò… commuove e si commuove.
Racconta del professorino laureatosi nell’università di Massafra, allegoria in uso per prendere in giro i laureati di scarsa cultura, quindi descrive luoghi lontani, visitati durante le vacanze tra cui la Grecia, con rimandi epici ad Enea e Anchise.
Percorre “in versi” via Le Strettole, “Abbasc a street”, quella in cui è nato e ha vissuto la sua giovinezza.
“Tre strade organizzate in ogni punto” in cui gli artigiani avevano i loro laboratori e che sin dall’alba fervevano di vita e operosità. Li ricorda tutti… mest Juann u’ ferrar, Vituccio il tonachista, Giovanni Sportelli, D’Appolito, Roc Roc, i carrettieri senza figli Francesca e Stefano, i cui cavalli dagli zoccoli lucidi come argento conoscevano così bene la strada da non essere guidati. Rievoca la tradizione de “i nove lamp”, accese all’alba nella Chiesa di San Francesco e lo fa attingendo ad un ricordo familiare. Suo fratello amoreggiava con Sisina e tutte le mattine con la scusa della novena (a cui in realtà non partecipava) la incontrava in un portone. Un giorno la sua mamma lo seguì… e “in versi” lo maltratta a dovere.
Una poesia l’autore la dedica alla sua “principessa di cuori”, a sua nipote Lucia Marroccoli, un madrigale delicato e traboccante di affetto nel quale le augura ogni gioia e tanto amore.
Ricorda Pippuccio Montenegro – anche lui un ferroviere -, il suo saluto, la sua poesia, la sua ironia…!
Lo rivede con il cappello e la sciarpa nella bottega del suo papà. In vetrina barattoli di vetro colmi di caramelle e all’interno un gatto “che sembrava un ministro”, ricorda anche il gradino all’ingresso in cui puntualmente inciampava.
Uno dei ritratti poetici più belli lo dedica ad una giovane collega di Lecce, Simonetta, bella come un fiore e così radiosa da render schiavo lo sguardo di chi l’ammira. Ma è Federica, tre anni e un raggio di sole tra i capelli, incontrata in campeggio a Brindisi nel 1992, a conquistare il suo cuore.
“Un giornoo vidi un piccolo angelo biondo… sbirciava dalla tenda, attratta da biscotti e cioccolata. Facevamo colazione insieme la mattina e i suoi si preoccupavano perché poi non aveva fame, non sapendo che aveva già banchettato.”
La serata si conclude tra saluti ed abbracci, con Vito gli amici di sempre – tra cui il dottor Modesto D’Addabbo che ringraziamo per il prezioso contributo fotografico -, ed i suoi nipotini.
Tocco di classe, la copertina, a firma del vignettista Franco Taratufolo, che ben tratteggia in punta di inchiostro di china, la sagace sagoma di Marroccoli nelle vesti di novello “Vate” in rime.