MASTROVITO: “COMUNE EROGA SERVIZI, NON PROFITTO”-foto
Una soluzione per risanare le casse del Comune e ridurre l’accanimento fiscale c’è, ed a proporla è Vito Mastrovito, assessore al Bilancio dal ’95 al 2004. Nel primo “mandato Povia” il professore e l’allora giunta salvarono dal dissesto Gioia, oppressa da ben 14 miliardi di lire di debiti non riconosciuti – una situazione a dir poco catastrofica – senza infierire sui cittadini e senza ridurre i servizi.
L’esperienza politico – amministrativa conclusasi nell’ottobre del 2007 con l’arrivo del commissario Palomba, non ha mai “minato” la stima e la fiducia accordata dai gioiesi ad un amministratore serio ed attento alle esigenze della città, a suo tempo tradito da chi più aveva aiutato in quel decennio. Nell’incontro “Gli impegni futuri della nostra Coalizione: L’opposizione del bene comune tra tributi e vivibilità a Gioia del Colle”, organizzato dalla coalizione “Per il bene comune” e moderato da Maria Cristina De Carlo, insieme a Vito Mastrovito sono scesi in campo Enzo Cuscito, Vito Vinci (http://www.gioianet.it/politica/5496-svelati-gli-scheletri-nellarmadio-da-vito-vinci-video.html), ed un altro ex assessore, Michele Pavone, passato alla storia per aver contribuito in prima persona e di tasca propria al sostegno dei Servizi sociali in uno dei periodi più dolorosi e disastrati per il terzo settore.
Nei mesi scorsi Mastrovito ha abbandonato il silenzio e in una video intervista rilasciata a GioiaNet ha anche svelato i retroscena e le motivazioni che portarono alle “Idi” di ottobre nel 2007 (http://www.gioianet.it/politica/4381-le-verita-di-vito-mastrovito-e-castellaneta-video-.html).
“L’azienda ha profitti e utili – afferma Mastrovito nel corso del dibattito -, il Comune è un’impresa che eroga servizi, non cerca profitto. Deve, perciò, individuare i servizi prioritari, farne una graduatoria e reperire le risorse necessarie per sostenerli ed offrirli. Il passo successivo è il controllo rigido della spesa, parola senza senso per buona parte della classe politica. Ne è esempio l’utilizzo dei 35mila euro ricavati da una imposizione secca quale è l’Irpef, destinati ad una sola persona per consulenze. I 100mila euro sottratti alle tasche dei contribuenti a basso reddito con questa tassazione, sono serviti per finanziare feste e garantire consulenze, e in
tempi di crisi non sono scelte ammissibili. Un segnale positivo sarebbe stato rinunciare a queste spese e destinare la somma all’assistenza agli anziani, al trasporto, alla mensa…”.
“Quella attuale è la gestione di una Amministrazione che vive alla giornata. L’Ente locale è diventato una azienda – continua Vito Mastrovito -, gli azionisti sono i consiglieri che siedono nel Consiglio comunale ed avendoci messo di proprio 200, 300 voti, esigono il profitto per distribuire gli utili.”
“Se nel ’95 non avessi pensato di essere stato chiamato ad amministrare la cosa pubblica per offrire servizi, non ci saremmo rimboccati le maniche fissando delle priorità a garanzia degli stessi, utilizzando con oculatezza le entrate previste di 8 miliardi. Non abbiamo né eliminato, né ridotto servizi, non abbiamo aumentato le tasse e abbiamo realizzato transazioni per chiudere contenziosi… e questo si può fare anche oggi senza spremere come un limone il povero cittadino! E’ pur vero che non avevamo né “cambiali” né “azionisti” in quella situazione debitoria e forse anche per questo in un anno siamo riusciti a tornare in pareggio.”
“La prima regola – conclude l’ex sindaco – è evitare il superfluo e governare l’entrata. L’aumento dell’IMU è un grosso problema… le entrate sono in funzione della crescita, se serviranno per spese di rappresentanza, segreterie e consulenze varie, si è alla negazione della funzione dell’Amministrazione.”
Michele Pavone ne condivide il pensiero, la sua percezione – in particolare nel settore dei Servizi sociali – è di grande disorientamento.
“Vedo tanta superficialità e confusione! Opposizione e minoranza su questo tema si dovrebbero confrontare, non basta dire “Ci sono pochi soldi!”. E anche se così fosse, ci sono gli strumenti per assicurare i servizi essenziali. L’aumento delle tasse è direttamente proporzionale all’aumento del disagio sociale, la proposta più semplice è stanziare una forbice tra il 10 e il 15% di tutte le entrate rivenienti da Irpef e IMU da destinarsi ai Servizi sociali. Occorre poi una programmazione seria, applicare i Piani di zona, usare i fondi regionali, creare luoghi di incontro, formazione e informazione per le associazioni. Pensiamo a qualcosa di nuovo… Abbiamo tanto criticato Longo in passato per la LUM, destiniamo questa struttura alla comunità.”
Ben altra “speranza” viveva Gioia tra il 17 e 18 agosto del 1963, anno in cui un anonimo videoamatore – probabilmente un gioiese residente altrove ed in vacanza – registra il filmato proiettato nel corso delle due serate della festa. Un’opera amatoriale inedita, custodita negli archivi della RAI, restaurata, sonorizzata e portata a Gioia da Franco Gisotti. L’ignoto autore filma la festa di San Rocco e raccoglie testimonianze nel centro storico, in Piazza Plebiscito, via Cavour e in altri angoli di Gioia.
Il video viene inviato negli anni ’84 e ’85 a “La nostra vita”, trasmissione che ripropone testimonianze amatoriali del passato. In 34 minuti l’autore riesce a racchiudere l’essenza della gioiesità. Il suo sguardo attento sfiora e “accarezza” volti, strade e borghi, sembra quasi voler portar via con sé, insieme alle immagini, lo spirito della città per poterne riassaporare la bellezza nei momenti di nostalgia.
Uno sguardo “innamorato”, silenzioso, senza parole, accompagnato da una musica altrettanto suggestiva e sottotitolato da parole in dialetto suggerite da Seldina Matarrese – autrice con Vito Celiberti del libro “Il cuore antico di Gioia del Colle”, raccolta di proverbi e detti vari in vernacolo gioiese.
Di questa proiezione, grazie al paziente e prezioso impegno di Maria Castellaneta, proponiamo delle foto, un deja-vu che riporterà negli anni in cui il miracolo italiano era più di una speranza e la percezione della città – pensata a misura dei cittadini – era ancora legata ad un forte senso di appartenenza.