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CIRCOLO UNIONE, “UNGARETTI – OLTRE IL DESERTO”-foto

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Giuseppe ungarettiUngaretti fra tradizione e innovazione”, questo il titolo di un brillante incontro organizzato dal Circolo Unione di cui è presidente il dottor Giuseppe Cetola, per presentare nella serata del 6 ottobre “Giuseppe Ungaretti – Oltre il deserto”, riflessioni, lettura critica ed esegesi del professor Vito Antonio Lozito, su cui dissertano il professor Francesco Giannini, la professoressa Maria Carmela Bonelli e don Felice Iacobellis.

“Nella scelta del titolo “Oltre il deserto”, nella sua portata metafisica è racchiuso il travaglio esistenziale e spirituale di Ungaretti – afferma Maria Carmela Bonelli, prestigiosa storica ginosina -, ed è attraverso il titolo che si svela la capacità di Lozito di penetrare e scrutare attraverso l’opera poetica le plaghe recondite di un animo mai pago perché proiettato sempre “Oltre”. Pagine lozito-bonellinitide, raffinate, aperte a considerazioni di alto respiro, che trasudano quel lievito culturale che definisce e disegna il profilo di un appassionato letterato.”

“Nelle 38 pagine dell’intero dettato poetico – continua la Bonelli – l’autore coglie tutto questo e cerca quel filo conduttore, che lega l’intera produzione di Ungaretti: la ricerca di Dio.”

Il suo intervento, preceduto dalle appassionate letture poetiche di Vito Antonio Lozito e da una accurata ricerca storica e letteraria affidata al professor Francesco Giannini, conquista i presenti.

circolo unione bonelliCon rimandi ai “Nobel” Quasimodo e Montale, Giannini in riferimento ad Ungaretti lancia una provocazione: proporre il Premio Nobel alla sua memoria con la seguente motivazione: “Per la forza con la quale partendo e restando in linea con la tradizione della nostra letteratura ha saputo innovarla e nello stile e nei temi, portando l’uomo a meditare sul vivere proprio e sul vivere di tutta l’umanità di oggi e di domani.”

Ungaretti rinnova profondamente oltre che formalmente il verso della tradizione italiana. E’ un uomo completo nel suo esistere umano e poetico, che nel corso dei suoi 82 anni ha incarnato i dubbi, le incertezze, i ripensamenti, le certezze e le speranze dell’uomo del suo tempo.”

circolo unione presidenteNei cenni biografici si ricorda che Ungaretti – cattedratico all’estero, giornalista e studioso di classici – è tra i fondatori della corrente ermetica, dà la sua adesione al fascismo, è collaborazionista, ed infine matura una conversione religiosa.

La poesia non è per Ungaretti il rifugio in cui rintanarsi nei momenti di sconforto per rinchiudersi nel mondo ovattato dei grandi scrittori – continua Giannini -, ma per trovarvi una spiegazione ai problemi della vita. La rivoluzione da lui operata non è solo stilistica e lessicale, rivolta all’uso di un linguaggio privo di retorica e ricco di fulminea intensità, ma quella di affidare alla poesia il compito di accompagnare l’uomo nel suo quotidiano procedere. Analizzando il suo percorso poetico possiamo scorgere in Ungaretti tre fasi ben distinte. La circolo unione de giorgiprima – la parola – coincide in gran parte con la poesia del periodo della guerra, contraddistinta dal lavoro di isolamento e di esaltazione del singolo termine, sia dal punto di vista della sonorità e del ritmo sia per quanto riguarda l’intensità emotiva e di significato. Nella seconda fase costruisce, a suo modo, forme meno elementari di immagini, di sintassi e di metrica in una “frase” che si presenta ricca di contenuti concettuali più complessi. Da versi brevissimi si passa a versi più fitti e articolati, che si rifanno alla metrica tradizionale. La terza fase è quella della meditazione. Dal punto di vista tematico Ungaretti sembra guardare alla vita e in particolare alla storia degli uomini con il distacco, la malinconia e quella saggezza quasi ironica che gli deriva dalla maturità.”

franco giannini circolo unioneIl professor Giannini legge, quindi, citazioni di Alfredo Gargiulo, Carlo Bo, Pasolini, Giuseppe De Robertis e Mario Luzi e dello stesso Ungaretti in “Ragioni d’una poesia”.

La poesia – conclude Giannini – può condurre la società verso una meditazione catartica che indirizzi l’umanità verso una nuova globalizzazione, non più esclusivamente tecnologico-economica, ma umana, non a caso “l’atto poetico ci dà nozione di Dio”.

Maria Carmela Bonelli nel suo intervento ricorda attraverso alcuni frammenti di storia locale, il legame di Ungaretti – invitato più volte a Lecce e Taranto dal ’47 – con la Puglia. Pur non amando il barocco “frattura, distruzione, che dà luogo a ricomposizioni”, il poeta resta incantato da quello leccese “magnifico vestito, maria carmela bonellisotto cui si è stratificata l’anima magnogreca, romana e normanna”.

“A Taranto – ricorda la Bonelli – Ungaretti giunse nel 1947 per tenere, su invito di Antonio Rizzo e del Circolo della Cultura, una conferenza dal titolo “Petrarca, Poeta del ricordo”. Si apriva un periodo fecondo per la Città che lo volle Presidente del Premio Taranto, svoltosi dal 1948 al 1952 ed assurto alle cronache nazionali, prima di essere affossato da alcuni intellettuali del posto. A Taranto Ungaretti pubblicò su “La voce del popolo” e il saggio “Ragioni di una poesia”. A difesa di Taranto vecchia – della quale aveva detto: “Era forse, e spero che rimanga ancora, la Taranto più giovane”- sempre per invito di Antonio Rizzo, egli prendeva posizione con Palazzeschi, Brandi, Argan e Devoto, allorquando nel 1968 – all’interno del progetto Blandino – veniva previsto l’abbattimento di Palazzo bonelli pubblico circolo unioneAmati e dell’Arcivescovado. Della bellezza del barocco leccese e dei capitelli di Santa Croce (definiti vivi, umani), dei palazzi e dei vicoli di Taranto egli aveva percepito tutto il fascino, rinveniente dalla memoria.”

“Sul piano umano – prosegue la storica – il percorso di Ungaretti si snoda da una iniziale constatazione della solitudine e del dolore dell’uomo, relitto di un naufragio, alla drammatica riconquista delle certezze offerte dalla fede tradizionale ed alla consapevolezza di ripercorrere, attraverso la propria esperienza tracciati comuni a tutti gli uomini: “…profugo come gli altri/che furono/ che sono/ che saranno”. L’intera produzione di Ungaretti è intrisa del “sentimento” del deserto e dell’Africa che non sono solo luoghi geografici, legati ad un tempo specifico. Si ritrovano ne “Il porto sepolto”, datato 1916, oltre-il-desertopunto di partenza del viaggio di un’intera vita e nell’ultima raccolta, “Taccuino del vecchio”, con la necropoli di Sakkarah in Egitto.”

“All’origine di tutto – precisa Maria Carmela Bonelli – c’è in Ungaretti, per sua stessa affermazione, il deserto quale stimolo da cui ha origine la poesia: “Sono nato al limite del deserto e il miraggio del deserto è il primo stimolo della mia poesia.” E’ quel nulla da cui è partito ed è l’approdo finale, quello del ritorno. A Sakkarah “mostrerà il beduino/ dalla sabbia scoprendolo/ frugandolo col bastone/ un ossame bianchissimo”, quando già aveva svelato la sua profonda intuizione: “Non d’Itaca si sogna/ smarriti in vario mare/ sa va la mira al Sinai sopra sabbie/ che novera monotone giornate”. Non si sogna Itaca, perché “le fuggenti mura” ha lozito profgià varcato. Non c’è ritorno, ma ripresa del viaggio “smarriti in vario mare”, ove lo smarrimento delinea l’andare verso l’ignoto. Si mira al Sinai, che non è il suo deserto, talvolta anche pericoloso. Il Sinai è preludio della Terra promessa della quale non abbiamo conoscenza, perché “Della Terra Promessa/ nient’altro un vivo sa”. Questa percezione viene dal deserto e da quel suo “nulla”, che è assenza, da cui scaturisce quella poesia della quale “resta/ quel nulla/ d’inesauribile segreto”. Un mistero al quale ci si accosta solo dopo essersi avvicinati al gran silenzio, che permette le domande di senso. Solo facendo deserto in noi possiamo ascoltare la voce di Dio.”

Commosso e sincero il plauso del pubblico, sorpreso dalla grazia e dalla circolo unione traquilio-bonellicompetenza della raffinata relatrice.

Quindi Vito Antonio Lozito legge “La pietà” per introdurre don Felice Iacobellis.

Non sono un esperto letterato – afferma il giovane parroco gioiese, da qualche anno nella chiesa di San Nicola di Adelfia -, il professor Lozito mi ha voluto qui per parlare della Pietà e della conversione di Ungaretti. E’ pur vero che nonostante “il poeta e la poesia, il sacerdote e la fede salveranno il mondo”, un parroco vive oggi altre problematiche. Ho letto e gustato la poesia di Ungaretti da studente e da lettore. Pietà, sentimento di amore, di rispetto, la possiamo contemplare attraverso la misericordia. Ungaretti ha la mia età, quarant’anni quando riscopre la fede e si riscopre “un uomo ferito”. Il Papa Benedetto XVI nel circolo unione pubblico2promuovere l’anno della Fede, ci riporta alle radici, ricordandoci che non si può desiderare più di ciò che si conosce. Più conosco l’uomo, lo ascolto, più mi innamoro di Dio. Questa pietà vuol portare il poeta all’ascolto di sé stesso. Un uomo che vive il peccato, il rimorso, si confronta con la morte. Ungaretti usa una metafora per descrivere le ombre. Per illuminarle ci sono gli esperti, stiamo tutti diventando esperti di ombre, cerchiamo i lati oscuri della vita, dell’esistenza, non approdando alla Terra promessa. Questa lirica ci esorta, invece, ad essere esperti di luce. L’intuizione, l’impeto di luce passa dal cuore, tocca le emozioni “la luce che ci punge/ è un filo sempre più sottile.” Ho visto il segno di Dio che non è assenza di ombre, ma luce infinita, è Colui che ci abbaglia… “Più non abbagli tu se non uccidi” rimanda al dono di Dio all’uomo attraverso il sacrificio di Cristo, perché possa abbagliare, dare senso ai momenti più oscuri della sua esistenza: il peccato, la morte. Anche nella piera de giorgi assessorebestemmia, nel momento in cui si è in difficoltà e si ricorre al Signore imprecando, vi è Dio. Non ho ricette per un cammino di fede, ma dobbiamo ritornare all’uomo, alla sua grandezza. Deve riappropriarsi di sé, ritornare nel deserto, luogo d’amore, per esprimere sé stesso. E’ bello ritrovare nelle persone umili la grandezza di Dio. La pietà è un sentimento che induce l’uomo al rispetto del prossimo, nell’uomo semplice c’è Dio.”

La parola dei poeti ermetici – afferma l’assessore alla Cultura Piera De Giorgi nel suo saluto finale – è una parola povera, tagliata, che ci scava dentro, ci descrive, dà risposte all’esistenza. Tutti noi siamo alla ricerca di qualcosa, cerchiamo di andare oltre il deserto… “chiuso tra cose mortali/ anche il cielo finirà”. Siamo chiusi nella quotidianità, è difficile incontrare gli altri, anche il cielo stellato, il nostro cammino finiranno, ma mentre viviamo lo sgomento del presente, una nuova energia che ci rende migliori viene dalla profondità delle parole dei poeti, dal dialogo con la Fede, qualunque essa sia.

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