SAFFIOTI A GIOIA, PRESENZA “INGOMBRANTE” PER I POLITICI?
“C’è chi dice no” e decide di narrarsi per dare un senso a quel “no” represso per anni, soffocato per dare serenità alla famiglia ed infine urlato perché altri prendano coraggio e tanti “no” cambino le sorti del futuro e diano una speranza di guarigione a questo “mondo malato”.
Gaetano Saffioti, testimonial del battesimo del presidio gioiese di Libera oggi intitolato a Donato Boscia, trascorre il 1° dicembre a Gioia, obbligando moglie e figlio ai “domiciliari”, essendo a disposizione della famiglia una sola scorta.
In auditorium al Canudo
Di mattina è con gli studenti di terza media della Carano, della Losapio e di quinta Liceo e ITIS nell’Auditorium del Canudo.
Dopo la proiezione del filmato dell’intervento di Gaetano Saffioti alla trasmissione di Fazio, Nicola Romanelli brevemente presenta l’evento e il testimone di giustizia, per poi lasciare la parola alla professoressa Grazia Procino portavoce del preside Rocco Fazio.
Attraverso le parole di Caponnetto, la professoressa ricorda il ruolo della scuola – baluardo di legalità e di educazione alle regole – capace di annientare la mafia e in grado di eliminare la soggezione mentale e culturale in quei giovani che sono attratti dal potere e dal “rispetto” che i mafiosi alimentano. Quindi Piera De Giorgi, assessore alla Cultura, esprime la sua soddisfazione per la presenza di un testimone di giustizia che si qualifica come un modello ed un eroe della modernità per le giovani generazioni, che hanno bisogno di riconoscere concretamente in esempi viventi il valore della legalità.
Saffioti conquista i ragazzi e docenti raccontando con grande sincerità e senza retorica la sua storia, le sue paure, la decisione di non piegarsi alla ‘ndrangheta, di conservare la sua dignità di uomo libero, esempio importante per suo figlio cui non vuole lasciare in eredità “un mondo malato”.
“Non più solo sogni e speranze ma certezze!”, questo lo slogan coniato nell’incontro durato tre ore ed anche oltre, perché gli studenti davvero non vogliono lasciarlo andare!
Il vissuto di Dario Motta, nella cronaca pubblicata che invitiamo a leggere, riporta il pensiero e il punto di vista di tanti studenti (SAFFIOTI E LE MAFIE: IL PUNTO DI VISTA DEGLI STUDENTI).
In Sala Consiliare
Una breve pausa per pranzare quindi tutti nell’aula consiliare dove il sindaco Sergio Povia consegna una targa in ricordo della giornata a Diego, fratello di Donato Boscia, giovane ingegnere gioiese ucciso a Palermo nel 1988 per non aver “detto sì” alla mafia, di cui si può leggere una breve biografia su (“LO STATO SIAMO NOI”: LIBERA RICORDA DONATO BOSCIA).
Sulla targa queste parole: “IL SACRIFICIO DELLA VITA DI DONATO BOSCIA PER GLI IDEALI DI LEGALITÁ E GIUSTIZIA, DI COERENZA E LIBERTÁ, SONO MONITO ED ESEMPIO IMPERITURI PER TUTTA LA COMUNITÁ GIOIESE. ALLA FAMIGLIA BOSCIA, GRATI.”
“Libera nasce da un impegno etico, dalla necessità di diffondere e far acquisire la cultura della legalità – afferma Dina Montebello, tra i fondatori del presidio – purtroppo abbiamo ancora bisogno di eroi come Donato Boscia e Gaetano Saffioti che ci diano esempi. La montagna dell’omertà, dell’illegalità, del malaffare, della collusione, del sopruso perpetrato dai prepotenti è ancora ardua da scalare, ma abbiamo buone guide cui ispirarci, sono loro i punti di riferimento del nostro impegno, le coordinate etiche, politiche, sociali… La forza di dire “no” di Donato Boscia è la nostra speranza, la nostra “aria pulita” da respirare”.
Un momento di grande suggestione lo si vive nella lettura di due dei lavori premiati nella prima edizione del concorso “Lo Stato siamo noi” che quest’anno sarà riproposto.
Ilaria Fico, lo scorso anno in 3a C al Classico legge “Il mio testamento: disegno di una profezia“, racconto di cui Donato Boscia è protagonista ed ispiratore, mentre la poesia “Non talari ma scarpette di cristallo” di Maria Natile Martino viene letta da Francesca Errico di 2a A. Entrambe le opere hanno vinto il primo premio rispettivamente nella sezione “Racconto breve” e “poesia” (MASCIARI: “MAFIE E POLITICA STRINGONO ALLEANZE”-foto).
Nel Chiostro di Palazzo San Domenico
La serata si conclude nel chiostro con Saffioti al tavolo dei relatori, accanto a lui Nicola Romanelli, il giornalista Antonio Murzio, Piera De Giorgi e il referente provinciale di Libera, Mario D’Abbicco.
Nel video proiettato prima di iniziare l’incontro, Saffioti esprime la sua “sete d’aria” che non si insinua nei vetri blindati delle auto e delle finestre, né si percepisce nel cortile racchiuso da alte mura… questo il prezzo da pagare per sentirsi un uomo libero.
Nicola Romanelli saluta e ringrazia i presenti, registrando la sconfortante quasi totale assenza dei consiglieri e dei membri della Giunta – parzialmente presenti poco prima in sala consiliare – e dei sacerdoti locali.
“Sono grata a Libera per aver organizzato questa giornata – dichiara la De Giorgi – un momento di crescita per la comunità. Saffioti non si nasconde dietro le parole, ha tradotto l’anelito alla libertà e il bisogno di legalità.”
Antonio Murzio traccia una breve biografia di Gaetano, nato nel ’61 a Palmi, secondo di sei figli.
“Suo padre produce olio di oliva e Gaetano lavora con lui sin da piccolo, lo perde a soli 50 anni a causa di un tumore. A 20 anni mette su un’impresa di movimentazione terra – racconta Murzio -, dieci anni dopo incrementa l’attività con un impianto di calcestruzzo e vince appalti pubblici e privati.” Gli affari vanno bene e la ‘ndrangheta – che lo tiene d’occhio da sempre -, pretende il suo “obolo”.
“Si presentavano a tutte le ore – racconta Saffioti -, io preparavo i soldi e li consegnavo a pacchi da dieci milioni. Erano cordiali, sapevano prima di me che mi era arrivato un accredito in banca e venivano a riscuotere la percentuale, dal 3 al 15 per cento”.
Gli attentati intimidatori non cessano. In uno di questi, l’incendio di un mezzo in pieno giorno, il fratello di Gaetano rischia di morire.
Per il procuratore Roberto Pennisi chi non denuncia è un codardo. Saffioti nel 2002 si presenta dal procuratore dicendogli di non essere un codardo e denuncia 48 mafiosi.
“In pochi giorni persi tutte le commesse e 55 dei 60 operai. Uno di loro l’ho rivisto tirato a lucido, in Mercedes, era al soldo dei mafiosi ed ora esce ed entra dal carcere, è venuto persino a chiedermi il pizzo. Gli ho chiesto: “Ma cosa fai?” e lui mi ha risposto: “Quando lavoravo qui tornavo pieno di polvere e mi alzavo alle 5, oggi ho il rispetto di tutti e vado quando mi chiamano.” Il fatturato scese da 15 milioni a 500 mila euro, le banche mi chiudevano i conti attivi, i fornitori mi chiedevano fideiussioni oltre il terzo grado di parentela perché “tu sei un morto che cammina”. Mia moglie piangeva. I clienti sparivano, nemmeno le confraternite venivano più a chiedermi i contributi per le feste patronali. Si cerca di far terra bruciata intorno a chi fa scelte di legalità. In Italia non c’è libertà, nessuno è più schiavo di chi si crede libero. La mafia esiste perché siamo noi a farla esistere. Quando hai bisogno di una concessione edilizia, di un ricovero… C’è illegalità se c’è un corrotto e un corruttore. Pubblicamente siamo persone per bene perché non spacciamo, non uccidiamo… ma siamo noi a non far passare i valori”.
“Io ho rifiutato i soldi dello Stato: non sono un pentito. In Calabria non lavoro più, alle gare d’appalto arrivo sempre secondo. Le aziende che mi danno lavoro all’estero qui non mi parlano nemmeno per telefono. Sopravvivo con i lavori in Spagna, in Francia, in Romania. Ho chiesto di lavorare gratis, anche per le parrocchie, ma hanno preferito spendere decine di migliaia di euro dando le commesse a una ditta sotto sequestro con il titolare inquisito. In compenso i 48 che ho fatto arrestare, tutti condannati in primo grado, tra patteggiamenti e sconti di pena sono tutti liberi. Però resto qui, anche se non cambia niente e io ho sacrificato la vita, perché io non sono solo condannato a morte, ma anche condannato a vita. Mi basta sapere che mio figlio ventenne e sotto scorta, mi capisce. Qualche giorno fa mi ha detto: “Papà, prendiamo il lato buono, io rispetto ai miei coetanei non ho mai problemi a trovare parcheggio!”.
La parola passa a Mario D’Abbicco che ricorda quanto scritto poco prima di morire da Rita Atria, la diciassettenne che collaborò con Borsellino dopo aver perso padre e fratello in agguati mafiosi e che si suicidò una settimana dopo la strage di via D’Amelio: “Prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combattere la mafia che c’è nel giro dei tuoi amici, la mafia siamo noi ed il nostro modo sbagliato di comportarsi.” Quindi D’Abbicco ha snocciolato i dati della corruzione tratti da “Atlante della corruzione” di Alberto Vannucci.
“Sui bilanci pubblici la corruzione costa dai 50 ai 60 miliardi di euro l’anno, 10 miliardi per la perdita di esercizio, 170 euro annui di reddito procapite. Di contro si tagliano i servizi per 17 miliardi, 8 tolti alle scuole, 2 alle politiche sociali, è saltato persino l’Erasmus. L’80% dei piccoli esercizi di Bari – stando a una recente indagine -, paga il pizzo, e il problema si allarga con effetti sull’economia e sulla salute. La mafia è nell’abusivismo edilizio, nello smaltimento rifiuti, negli impianti fotovoltaici, nella politica, ovunque si attuino grandi opere… Se la politica si fosse voluta impegnare, avremmo avuto prima una legge anticorruzione. Libera ha sensibilizzato contro la corruzione facendo pervenire al presidente della Repubblica ben 1.200.000 cartoline-appello, ma non ne ha parlato nessuno perché anche la stampa è controllata, a meno che non sia stampa alternativa”.
Il dibattito si allarga e coinvolge il pubblico. L’ingegner Massimo Mastrovito sottolinea che Gioia è un’isola felice, dovremmo tutti ritenerci fortunati, non ci sono intimidazioni o richieste di pizzo e assunzioni nei cantieri, spostandosi di pochi chilometri tutto questo cambia. Saffioti lo spera ma non ne è convinto, non esistono città in cui la mafia non si infiltri e si esprima, e lui ha girato tanto per lavoro e lo sa bene.
L’incontro termina, gli angeli custodi di Gaetano non si sono allontanati un istante, vigili e attenti. Anche i due agenti sono parte della sua famiglia ed insieme a loro tornerà a casa a Palmi, portando con sé “aria e ricordi” di Gioia.
Un sincero grazie lo rivolgiamo a Simona Santoiemma e Cataldo Liuzzi per la collaborazione fotografica.