CENTRO RISVEGLI COMA, GRAZIE A MARIA TERESA ANGELILLO
Sabato, 15 dicembre si è inaugurato a Bari il Centro diurno “Karol Wojtyla” sito in via Napoli, 332, grazie anche all’impegno di una psicologa gioiese, la dottoressa Maria Teresa Angelillo, da anni in trincea per portare in zona un Centro Risvegli per pazienti in coma, dopo aver sperimentato le eccellenze presenti in Germania e auspicato l’attivazione di un analogo Centro nella Residenza Socio Sanitaria Assistita Giovanni Paolo II di Capurso.
Di seguito l’intervista rilasciata alla nostra redazione dalla dottoressa Angelillo.
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Quali servizi offrirà il Centro “Karol Wojtyla” e a quale fascia di utenti è rivolto?
Il Centro Diurno vuole porsi come intermediario tra la diversabilità e il territorio. Ci muoviamo nell’ambito della filosofia dell’OMS espressa nell’ICF. Intendiamo promuovere l’integrazione perché questa , ancora oggi, è vista come opzionale, ma non lo è affatto. La carta dei diritti dei disabili si è espressa, siamo noi a creare gli handicap. L’handicap sono un risultato politico e non legato alle patologie. Siamo noi, per esempio, che abbiamo deciso di costruire strade non adatte alle carrozzine, marciapiedi, scale, spazi fruibili solo da quelle fasce di età o persone ancora in forma fisica, o che lo sono sempre state. Quando pensiamo alla disabilità, dobbiamo pensare anche al’invecchiamento e quindi ad un percorso che dovremo percorrere tutti. Abbiamo organizzato attività riabilitative e abilitative, le professionalità saranno solo quelle in possesso di titoli universitari. Dico questo poiché spesso ci è capitato di vedere impiegate risorse umane non appropriate e/o formate. Pertanto abbiamo neuropsicologi per la terapia cognitiva, logopedisti, fisioterapisti, educatori e assistenti sociali. Il progetto prevede l’inserimento di progetti integrativi come l’ippoterapia, la pet terapy e l’integrazione nel mondo del lavoro mediata da organizzazioni che se ne occupano da anni. In merito all’ippoterapia avremo un’azienda certificata ASL, idem per la pet terapy, ci sarà un gruppo certificato e legato alla ricerca universitaria. Avremo l’orto e un’apertura verso il mondo agricolo, e per questo abbiamo chiesto l’integrazione con il mondo delle scuole di Agraria e dei Gal. Ultima cosa, si sta sviluppando l’idea di un partenariato con la scuola alberghiera, sempre con l’intento di potersi inserire nel mondo lavorativo. Ogni utente sarà seguito da progetti individuali, pertanto non si escludono diverse fasce di età, come gli anziani o bambini. Il nostro centro è grande 600 mq e la diversificazione delle attività, dei gruppi e delle fasce orarie, nonché del personale con diversa formazione, potrà permetterci di accogliere fasce disparate di diversabili.
La tua esperienza all’estero quanto è stata importante per la nascita di questo centro?
Voglio precisare che il centro in questione non è il tanto agognato Centro Risvegli, ma un centro diurno nel quale saranno accolte le diverse diversabilità. La nostra associazione è stata invitata all’interno di questo centro diurno, che è dedicato a Karol Wojtyla, per poter tamponare alla mancanza di servizi attraverso le prestazioni dello stesso.
La mia esperienza all’estero è stata fondamentale sia per la mia vita professionale che per la crescita personale. Vivere sentendosi europei è indispensabile, si tratta di acquisire consapevolezza sul chi siamo davvero. Se tornassi indietro prolungherei la mia permanenza all’estero e andrei in Inghilterra, dove avevo vinto un PHD. Se potessi tornare indietro, non credo tornerei in Italia. L’Europa ti prepara per scenari che qui rimangono avanguardisti e che quindi sono difficilmente attuabili e trasportabili anche attraverso buone politiche di branch-marketing. Inutile dire che il ritorno in Puglia ha rappresentato per me una grande involuzione professionale, spero che il futuro cambi, ma ad oggi è così. La nascita dell’attuale centro diurno e di tutto ciò che faccio è direttamente correlata ai modelli europei che ho appreso e sperimentato. Oggi noi usiamo robot, che qui sono ancora il futuro, ma altrove, dal 2001 erano il nostro pane quotidiano. Difficile comprendere perché la globalizzazione non abbia colpito anche i settori scientifici, almeno riguardo alla contemporaneità nell’innovazione.
Andare all’estero, anche per un Gap Year è fondamentale, ma deve esserci consapevolezza su quello che si troverà al ritorno. Posso dire che si soffre molto nel vivere in mondi e spazi così culturalmente lontani. Essere accettati è alla base di ogni buon vivere, ma questo territorio ha la tendenza allo status quo, per cui siamo spesso visti come “pericolo”.
Qual è la situazione in Puglia?
In Puglia noi abbiamo la nostra Associazione Uniti per i Risvegli e la Fondazione Risvegli, si tratta delle famiglie pugliesi (e anche di altre regioni) che hanno dovuto affrontare l’incubo di un parente in coma. Si pensa che dal coma si esca svegliandosi come da un sonno profondo, ma non è così. Almeno non sempre.
La situazione pugliese abbiamo potuto valutarla con un progetto che ci ha convocato al Ministero della Salute e ci ha visto coinvolti insieme all’Università del Sacro Cuore e il Besta. Quello che oggi sappiamo è che per quasi un paziente su tre, dunque, la diagnosi era sbagliata. La percentuale più alta di errori è stata registrata in relazione agli stati vegetativi. “Sono molte di più le persone ritenute in stato vegetativo che, con le nostre valutazioni approfondite, si sono rivelate essere invece in stato di minima coscienza”. Tre pazienti su quattro sono in stato vegetativo o di minima coscienza dopo arresto cardiocircolatorio o emorragie cerebrali. i pazienti sono in maggioranza maschi con un’età media di 55 anni, e ad assisterli per il 70% sono le donne, che in più del 50% dei casi vi dedicano oltre tre ore al giorno. Diagnosi diverse richiedono assistenza simile. Poche Regioni, prevalentemente al Nord e al Centro, hanno strutture dedicate. In Italia, da un punto di vista epidemiologico, organizzativo, politico, socio-assistenziale ed etico, risulta ad oggi ancora poco esplorata la realtà complessa e articolata riguardante le persone in Stato vegetativo-SV e in Stato di minima coscienza-SMC, ovvero una situazione di possibile evoluzione del coma caratterizzata dalla ripresa della veglia, e le loro famiglie. Il progetto nazionale “Funzionamento e disabilità negli Stati vegetativi e negli Stati di minima coscienza” ha visto coinvolti: La Fondazione IRCCS Istituto neurologico Carlo Besta, assieme al Centro di Ateneo di bioetica dell’Università Cattolica, ai rappresentanti di 78 centri italiani, 39 associazioni di familiari e pazienti, e alla Federazione italiana medici di medicina generale FIMMG. In Puglia abbiamo sviluppato un modello che prevede l’eccellenza, lo si ritrova nel Reg. 24, attendiamo, trepidanti e fiduciosi, venga messo in atto. Ad oggi i nostri pugliesi sono all’estero, in prevalenza tra la Svizzera e l’Austria; i rimanenti sono a domicilio, caricati sulle famiglie. La situazione è complessa e genera scomparse per ricoveri impropri che salgono di numero ogni giorno. Teniamo conto che per noi pugliesi l’incidenza è alta nelle fasce di età 14-24 anni, per il trauma cranico da incidente stradale. Una strage vera e propria se pensiamo che il numero di vittime supera quello di un bollettino di guerra.