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ASCANIO CELESTINI, E LE SUE RIFLESSIONI SULLA GIUSTIZIA

ascanio celestini pp

ascanio celestini foyer“[…] Perché la pena è certa. E certo deve essere il giorno in cui finisci di scontarla. Quel giorno è scritto sulla tua cartella personale depositata in ufficio matricola. Sulla mia c’è scritto che uscirò il giorno 99 del mese 99 dell’anno 9999”. Queste sono alcune parole del monologo – ‘Pro Patria. Senza prigioni, senza processi’ – portato in scena da Ascanio Celestini, presso il teatro Rossini, nella serata di giovedì 21 marzo.

Queste le parole di un detenuto che cerca di rimettere insieme i pezzi della sua storia personale. E per farlo chiede aiuto ad un fantomatico Mazzini: “C’hanno tre caselle da riempire, devono scriverci otto numeri, insomma una data. Non possono scriverci ‘fine pena mai’. Così si sono inventati questo giorno astratto che somiglia tanto a quel punto all’infinito dove convergono le rette parallele. Ma noi, Mazzini, sappiamo per certo che nella realtà due rette parallele non convergono mai […]”.ascanio celestini foyer2

Un monologo di cento minuti nel quale l’autore e attore, si muove in uno spazio claustrofobico di due metri per due. E nel quale la storia personale s’incontra con la storia con la S maiuscola: “Quand’è che l’avete capito che era finita, Mazzini? Quando finisce la rivoluzione? Finisce a Roma nel ’49 con la fine della Repubblica? O con le insurrezioni degli anni ’50?”, così continua il protagonista del dramma.

Una riflessione che spinge l’autore a chiedersi, e a chiederci, durante l’incontro avutosi nel foyer nel medesimo pomeriggio, e che ha preceduto lo spettacolo serale, l’utilità della pena: “Credo che la pena sia un’istituzione che non risponde al bisogno reale del cittadino […]”. Un concetto che ritorna nel monologo, quando Ascanio Celestini afferma e chiede implicitamente al pubblico: “Chi ruba una mela finisce in galera anche se molti pensano che rubare una mela è un reato dascanio-celestini-foyer3a poco. E chi ruba due mele? Chi ne ruba cento? Quando il furto della mela diventa un reato?”.

L’attore romano ci spinge ad una riflessione sui tribunali … su tribunali in cui la finalità non è una pena, ma raccontare cosa è successo; la cui finalità sia la riconciliazione dell’individuo con se stesso e con gli altri.

Inoltre, durante l’incontro nel foyer, l’attore e regista afferma: “[…] Fondo il mio lavoro sulle interviste. Interviste nel senso etimologico del termine, e cioè su uno scambio di sguardo. Ho condotto lavori su storie di guerra, ma anche su storie personali come l’amore”. L’obiettivo non è cercare la verità, perché un racconto è sempre un racconto che passa attraverso il tempo e la memoria. “Nella memoria c’è una sorta di drammaturgia. Il passato infondo diventa poco importante … la memoria è sempre nostalgica o consolatoria, mai obiettiva del tutto”.

Uno spettacolo che spinge lo spettatore alla riflessione importante sulla giustizia. Una riflessione amara, alimentata dallo stato attuale delle cose.

 

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