CANILE COMUNALE, IN STATO DI ABBANDONO, CHIUDE? -foto-
Dopo gli entusiastici proclami sul canile sanitario presentato in conferenza stampa il 16 settembre (http://www.gioianet.it/politica/1751-inaugurato-il-canile-sanitario-tra-diffidenze-e-perplessita.html) dal consigliere Vito Paradiso e dagli assessori Sante Celiberti e Giacinto Donvito, nell’intento di approfondire i temi trattati, abbiamo visitato il canile comunale.
La situazione presentatasi è a dir poco drammatica! Oltre 550 cani in uno spazio che ne può ospitare 300, box non a norma (arrugginiti, porte senza lucchetti, chiuse e sostenute con ferro filato), ciotole per il cibo e per l’acqua di fortuna, cucce fatiscenti ed insufficienti al ricovero delle bestie presenti (i dieci nuovi recinti realizzati sono ad uso esclusivo del canile sanitario in cui sostano provvisoriamente i cuccioli, i cani da curare e i randagi da consegnare al canile di Cassano), la cui cura è affidata a tre volontari: due sorelle provenienti da Bari (una delle due assente per infortunio da oltre un mese) ed un rumeno che si occupa dei lavori più pesanti, tutti sul posto ogni giorno dalle 8.30 alle 14.
L’intera gestione del canile è affidata a loro ed al buon cuore di una signora non più giovanissima, che per 100 simbolici euro al mese se ne assume a pieno la responsabilità, in nome e per conto della A.D.C.R., acronimo dell’Associazione Difesa Cani Randagi da lei rappresentata e con cui il Comune ha stipulato, a suo tempo, una convenzione tacitamente rinnovata da diversi anni.
La signora da lunedì, in assenza di ripensamenti per eventuali assicurazioni dell’ultima ora di soluzione del problema provenienti dal Palazzo, consegnerà le chiavi della struttura al Comune, dimissionaria a tutti gli effetti. Come darle torto? In un così “disumano” contesto, dove gli stessi cani sopravvivono a stento, non si può operare da “volontari” senza votarsi al martirio!
Gli stessi soci del WWF da tempo latitano per lo stesso motivo, e nel momento in cui la struttura verrà chiusa ed i volontari torneranno a casa, cosa accadrà ai randagi? Saranno abbandonati al loro destino o entreranno nel business di qualche canile limitrofo?
La situazione, a detta non solo della signora e dei volontari, è davvero insostenibile.
La gestione della struttura prevede l’acquisto di cibo per i cani (razionato a giorni alterni, essendo il contributo erogato, insufficiente a garantire un pasto giornaliero per tutti gli animali presenti), un piccolo (per non dire ridicolo) rimborso spese per i volontari, le spese veterinarie, le piccole manutenzioni, ed il costo di utenze e dell’acqua trasportata tramite cisterna, costo che si aggira intorno ai 150 euro mensili.
Un paradosso il fatto che né il canile comunale né (parrebbe) il neo ambulatorio sanitario siano allacciati alla conduttura dell’acquedotto, distante solo pochi metri dalle due strutture attigue.
Da premettere che venendo meno la corrente elettrica (evento abbastanza frequente in quella zona), l’autoclave non funziona e lo stesso contatore non è agibile, in quanto posto nell’ambulatorio sanitario aperto solo il mercoledì mattina dalle 9 alle 12.
Quando poi piove, la struttura si trasforma in un putrido stagno nel quale galleggiano ciotole, cucce e talvolta gli stessi cani, a seguito del cattivo drenaggio dell’acqua reflua attraverso i recinti, posizionati in una zona in cui l’acqua ristagna, tra l’altro scoperti e quindi alla mercè delle intemperie.
Per la gestione del canile l’Amministrazione spende 6.200 euro mensili, inclusi rimborsi spese, acqua, cibo e quant’altro necessiti alla struttura, oltre ad eventuali emergenze, facendo due conti circa 0,38 centesimi per cane al giorno, compresa iva. Importo sicuramente insufficiente per “mantenere” in buona salute gli oltre 550 “ospiti”, tanto da accumulare mensilmente un inevitabile debito nei confronti dei fornitori, che per mesi (in alcuni casi da anni), attendono pazientemente di ricevere il dovuto saldo.
Di contro è di ben 1,55 euro (1,29+iva) la “retta” giornaliera pro-cane pagata alla cooperativa “Natura Center” di Cassano, (ne ha in custodia mediamente dai 15 ai 20), la stessa che provvede all’accalappiamento dei randagi ed allo smaltimento delle carcasse, cooperativa per cui è stato già deliberato il pagamento di 11.000 euro per l’anno in corso.
Tutto questo mentre si propongono nuove “aree dog”, cimiteri per animali domestici e si pubblicizza la spesa di 400.000 euro per allestire ambulatori operativi per tre ore la settimana, con 100 nuovi box, ma a disposizione dei soli cani “in cura”.
Nel frattempo continuano a piovere denunce (inascoltate) di aggressioni da parte di randagi.
Vittime alcuni sempre più avviliti cittadini residenti nelle presunte zone a rischio (in via Putignano, via Giovanni XXIII, via della Pace e nelle più recenti periferie), che raggiungono spesso, tremanti ed ancora scossi, le fermate degli autobus, talvolta persino armati di bastone, nel timore di essere azzannati. In alcuni casi impauriti più dal loro semplice abbaiare che da un vero e proprio tentativo di aggressione.
Ancor più drammatica è l’acrimonia nei confronti di chi i randagi cerca di accudirli nel quartiere ed il dramma vissuto da coloro che si ritrovano i propri cani “avvelenati” per errore, a seguito di veri e propri attentati nei confronti dei randagi.
Non si dovrebbe attendere tragici eventi di cronaca per prendere provvedimenti, né “accanirsi” contro delle povere bestie, incattivite dall’abbandono e dalle sevizie, anche “ambulatoriali”, subite. Offrire vaccinazioni e sterilizzazioni gratuite ed uno spazio recintato a coloro che amano i randagi e li curano nel proprio quartiere, utilizzando, sulla falsa riga delle “aree dog”, spazi e “ritagli” abbandonati di lotti di costruzioni, potrebbe essere una soluzione
economicamente sostenibile, con valenza anche “pedagogica” per i ragazzi che, a loro volta, potrebbero adottarli ed averne cura senza incorrere nelle ire dei genitori, per di più responsabilizzandosi (chi non ricorda gli insegnamenti de “Il piccolo principe” di Antoine de Saint-Exupéry?).
Infine, la raccolta di avanzi di cibo e pane raffermo per sfamare i randagi, oltre a diminuire i costi per la collettività, educherebbe ad una politica di risparmio e di “solidarietà” utile sotto ogni aspetto, ponendo finalmente fine alle annose diatribe tra animalisti e aggrediti e restituendo a tutti (randagi inclusi) un po’ di serenità.