LE COINVOLGENTI MELODIE DEGLI ABASH. AL UEFFILO
Al Ueffilo domenica 9 aprile, alle 21.30 una miscela esplosiva di Medio Oriente, Africa, Salento, abilmente amalgamati con una buona base rock. Sono gli “Abash” – una band che dal ’98 crea musica che si nutre dei ritmi tribali e ossessivi della vicina Africa e delle suadenti melodie orientali in un amalgama rock che profuma di Mediterraneo e li rende interpreti unici, come confermano presenze da brivido: oltre 7000 spettatori a Roma, in occasione di “Prog exhibition 2011”, ed ancora in importanti contesti musicali nazionali: Andria Prog, Festival Notte della Taranta, Negramaro in Rai e sulle emittenti nazionali.
Ne fanno parte Annarita Luceri – splendida e suggestiva voce -, Maurilio Gigante basso e voce, Luciano Toma alle tastiere, Paolo Colazzo alla batteria, Daniele Stefano alle chitarre e Luciano Treggiari, percussioni e flauto.
Particolarmente apprezzabile la capacità di rendere duttile lo strumento, di volta in volta immerso in una diversa anima ed espressione di diverse culture, pur conservando un fil rouge melodico ed armonico inconfondibile, cifra di un percorso agito in profondità e solcato da profonde riflessioni che nei testi raccontano storie struggenti, rese ancora più emozionanti dalla voce di Annarita e dalle scelte melodiche che la avvolgono ed esaltano.
GLI ABASH – DAL SALENTO ALL’ORIENTE
Il gruppo nasce nel “Salento”, da sempre terra di conquista e di transito, per secoli sottomessa alle invasioni dei tanti popoli del Mediterraneo e contaminata dalle loro culture.
Maurilio Gigante scrive il primo brano,”Salentu e Africa” e sarà il loro manifesto musicale. Nel maggio 2000 esce il loro primo CD “Salentu e Africa”, prodotto dal gruppo dove finalmente il popolare e l’etnico trovano nuova linfa in una esplosiva miscela rock che specie nelle esibizioni live suscita l’interesse di quella critica pugliese meno distratta dal fenomeno “pizzica”.
Il secondo disco esce nel Luglio del 2004 ed è prodotto da Rai Trade, successo di vendite per gli Abash che con “Spine e malelingue” confermano l’indirizzo progressive della loro musica ma anche il sogno di un di Mediterraneo di pace e un Salento approdo di nuove speranze.
A metà Dicembre 2006 esce il terzo CD prodotto da “Il Manifesto”, ed il primo video clip. I testi dal dialetto all’italiano, all’ebraico parlano di vita vissuta, dei drammi di ogni giorno. Dal vivo tanta è l’energia sprigionata dal gruppo da far sentire l’ascoltatore parte Integrante del concerto stesso, nota musicale in un trionfo di suoni.
Il CD “Madri senza Terra” verrà poi distribuito su etichetta “Immaginifica Aereostella/edel” Nell’agosto 2015 esce il quarto cd “Ritorno al Sud” sempre con la stessa etichetta, distribuito dalla Gazzetta del Mezzogiorno ed è anch’esso un mix di rock progressive ed i suoni propri del Salento con interventi arabeggianti.
ROCK PROGRESSIVE ANNI ’70 CONTAMINATO DI ORIENTE
“Gli Abash – ci racconta Meri Spinelli – sono un gruppo musicale composto da sei “personalità artistiche”, nate nel Salento ed in grado di esprimere al meglio quello che nell’epoca dei “talent” e delle abilità esibite ad ogni costo, si contrappone all’immagine dell’artista bohemien.
Una sensibilità che diviene arte, in questo caso musica, e scaturisce da una urgenza emotiva dettata dalla necessità interiore di esprimere attraverso il proprio sentire la propria visione della realtà che solo la vera arte è in grado di svelare e di trasmettere.
La sensibilità del gruppo, ben oltre le esigenze commerciali che mai come oggi inquinano il gusto musicale, trae ispirazione da una cultura musicale che affonda le proprie radici nelle storiche e intramontabili esperienze musicali rock progressive anni ’70 con un’attenta riflessione sulla storia, sull’attualità e con un animo incline alla poesia. Un gruppo dalla forte identità culturale ed intellettuale, amici e artisti uniti dalla passione per la musica, dall’amore per la loro terra e della storia di cui essa è stata testimone e che ancora oggi segna la cultura salentina in un meraviglioso e quanto mai ricco intreccio di culture, esperienze, incontri e talora scontri, si pensi al fatto storico per eccellenza della presa di Otranto nel 1480, che tanto ha segnato il popolo salentino e che ha dato il titolo ad un brano degli Abash contenuto nel disco “Madri”, un episodio storico che andrebbe rivisto oggi più che mai in chiave allegorica rispetto agli scenari attuali.
La guerra è rievocata in un altro brano degli Abash, ispirato alla poesia di Ungaretti “Non gridate più” dove l’unico grido lo lancia il poeta nelle sue parole “cessate d’uccidere i morti se li volete ancora udire”, affinché il sacrificio di chi ha dato la propria vita per un ideale di pace non finisca nel silenzio simile al rumore “del crescere dell’erba dove non passa l’uomo”.
MADRI SENZA TERRA
“E’ nel disco “Madri senza terra” e dal successo di critica che meritatamente ha ricevuto – conclude Meri – , che meglio si può riassumere la maturità artistica del gruppo che sperimenta attraverso la musica una esperienza unica di suoni e di ritmi diversi tra loro in un’unica miscela espressione di un dialogo fecondo tra le radici e le varie culture del Mediterraneo. La musica come dialogo, la musica che unisce ciò che gli interessi di parte e le strategie di potere dividono.
La musica come invocazione di speranza, come inno alla gioia nonostante tutto, e penso ad un altro brano composto dagli Abash dal titolo “Maràn Athà” che richiama l’antica preghiera cristiana in lingua aramaica il cui significato “Signore, vieni”, mai come ora si può leggere come una profonda invocazione affinché il “Signore” da qualunque popolo invocato venga tra noi. Proviamo ad immaginarlo non come un vecchio padre dalla barba bianca e dal viso buono che scende da una nuvola ma come il bene di cui attraverso la bellezza delle nostre azioni ispirate dalla spiritualità l’umanità è in fondo capace.
La copertina stessa del disco con l’immagine di una culla vuota dà il senso alla riflessione che ne riviene, la madre intesa come colei che genera vita ma che al tempo stesso vede strapparsela via dalla follia della guerra. Una madre che si identifica in senso più ampio nella terra madre generatrice di popoli e di culture, che lungi dal proliferare attraverso il dialogo e l’incontro e lo scambio di conoscenze, come pure è avvenuto nella storia, troppo spesso si inaridisce attraverso l’odio strumentalmente fomentato da subdoli giochi di potere.”
https://www.youtube.com/watch?v=DtvjQwzvhWM&list=PLnFbeM3HZ_I7D-d6sikXYSFn1cNYM_0jl
https://www.youtube.com/watch?v=pWc3l8mXgN8&index=2&list=PLnFbeM3HZ_I7D-d6sikXYSFn1cNYM_0jl
https://www.youtube.com/watch?v=8vGZLImvhTs&index=6&list=PLnFbeM3HZ_I7D-d6sikXYSFn1cNYM_0jl
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https://www.youtube.com/watch?v=V9tXbDaGRsA&list=PLnFbeM3HZ_I7D-d6sikXYSFn1cNYM_0jl&index=5