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“D COME… DONNA, DANNO, DIVORZIO”, CHE SUCCESSO -foto-

d-donna-danno-pp

d-donna-scena-commediaEsilaranti e davvero “nella parte” gli attori diTeatralmente Gioiache hanno portato in scena nei giorni scorsi nel Cineteatro della Parrocchia del Sacro Cuore la commedia di Aldo Lo Castro: “D come… Donna, Danno, Divorzio” tratta da “Le sorprese del divorzio” di A. Bisson e A. Mars.

Il testo, di per sé spassoso e farsesco, è stato interpretato dagli attori con convinta e condivisa partecipaziod-donna-maricane. A proprio agio e tutti indistintamente bravi si son ritrovati catapultati nell’hinterland catanese di una Sicilia emancipata, in cui le donne fumano, divorziano, amoreggiano senza ritegno eppur continuano a tener vivi i legami parentali proprio come in passato, accettando anche convivenze forzate con madri e suocere invadenti.

Salaci battute, anche in siciliano “verace”, mimica perfetta e procaci supporti dalla vita in su e in giù, hanno reso Marica Girardi una Vincenzina Cardace rediviva, d-donna-marcoimpossibile resisterle e soprattutto opporre resistenza alla sua irruente verve!

Ci hanno provato senza successo il povero Marco Stoppini (Enrico Genovesi), genero incompreso e vituperato, esasperato al punto da schiaffeggiare l’impertinente congiunta di cui si ritroverà “consuocero” per mero destino, suo zio Carmelo Bonaccorsi (Vincenzo Donvito), cinico avvocato avvezzo a corna e tradimenti per mestiere, irretito dalla bellezza di Diana (Tina Difonzo) al d-donna-addatipunto di perder la testa, la pace e la ragione e Giovanni Santonocito (Marco Addati), incauto cinquantanovenne che a Fiuggi incontra l’amore dopo lunga vedovanza, impedito nel “consumare” le nozze dall’onnipresente, caustica invadenza della “soggira” Vincenzina.

Nel susseguirsi di equivoci e colpi di scena svetta su tutti Massimo Privitera (Giuseppe Procino), nella prima versione casual dalla comicità irresistibile: maglioncino aderente, corto e celestino, jeans alla caviglia con risvolto e d-donna-procinoConverse e calzini ben visibili. Nella mente due sole cose: la bella Diana (tanto per cambiare, continua a innamorarsi delle donne frequentate dal suo migliore amico Enrico) e il carico di arance da trasportare quando la tensione aumenta o è opportuno defilarsi. Osservarlo in scena senza sorridere è impossibile, soprattutto quando entrando ed uscendo da una delle due porte non collaudate sulla XXXL, si è impigliato ad un chiodo rischiando di far crollare l’intero apparato scenico o mentre “strapazza” il povero Enrico in preda al terrore al cospetto del “fantasma” della d-donna-altri-attori“soggira”.

Che gli attori si siano divertiti nel divertire il pubblico è più che evidente, superando anche l’empasse delle battute in “dialetto” siciliano o dei toni cadenzati prestati all’italiano. Brava Ilaria Iorillo (Maria) maltrattata da Vincenzina e Elena Milano (Gabriella Santonocito), sposina innamorata e figliola devota. Menzione speciale per Marco Addati, che oltre a vestire alla perfezione i panni di Giovanni, salumiere di mezza età, è riuscito persino a cambiare timbro d-donna-scena-2di voce e a chi ha lavorato “dietro le quinte”, ovvero i tecnici Maurizio Giordano, Marilù Vittore, Maurizio Giordano e Mattia Angelillo, la truccatrice Enza Catucci e i collaboratori Isa Addabbo e Davide Angelillo.

Per Augusto Angelillo e Giustina Lozito, registi e promotori dello spettacolo, un successo meritato ed una nuova scommessa vinta, puntando unicamente sulle proprie risorse.

La compagnia “Teatralmente Gioia” iscritta alla UILT ha infatti sostenuto per intero oneri e onori, ovvero i costi d-donna-saluti-finalidel teatro in cui esibirsi, in quanto il Rossini, per l’anno in corso, non ha riservato nessuna giornata in calendario alle compagnie amatoriali. Una “scivolata” di stile, a danno della promozione di una gioiesità tanto proclamata a parole quanto vituperata nei fatti, cui parrebbe non sia stata data alcuna giustificazione. Eppure in teatro, quest’anno, c’è di tutto e di più: ben vengano presentazione di libri, conferenze, premiazioni di scolaresche, anche qualche “dopolavoro” non ferroviario ma associazionistico… è uno spazio da vivere e condividere con la città, perché quindi escludere le compagnie amatoriali? Qualcuno risponderà?

Le foto sono opera di Mario Di Giuseppe che ringraziamo per la consueta disponibilità.

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