BODINI, “QUELLI COME TE NON RIESCONO A MORIRE”
Mossi dal desiderio di attribuire il giusto riconoscimento all’uomo ed al poeta Vittorio Bodini; Fortunato Buttiglione, Giorgio Gasparre, Giacomo Leronni e Filippo Paradiso hanno proposto all’uditorio di Spazio Unotre, giovedì 19 maggio, un incontro con al centro la complessa poetica dell’intellettuale pugliese.
Attraverso la lettura dei suoi versi, affidata agli attori dell’Atrebil Teatro, e scelti per l’occasione da Lino Angiuli, esploriamo la sua e la nostra Terra, ed in particolare il Salento. “Cade a pezzi a quest’ora sulle terre del Sud/ un tramonto da bestia macellata. […]/ Un bisbigliare fitto, di mille voci, […]/ tutto il paese vuole far sapere che vive ancora. […]/ Il buio, com’è lungo nel Sud”.
Così Lino Angiuli inizia il viaggio all’interno dell’esperienza umana di Vittorio Bodini che diventa anche un viaggio tra i paesaggi, colori, odori e sapori del nostro Sud. Vi fu una necessità impellente in Bodini: la necessità di riscoprire, rivedere, ridire la sua Terra d’origine. Lino Angiuli sin da subito sottolinea che non è nelle sue intenzioni farne una commemorazione, “perché si rischia di cadere in un cliché retorico dato da quella comune peculiarità umana che tende a beatificare il deceduto”.
L’esperienza di vita del poeta ed intellettuale leccese fu caratterizzata da una profonda tristezza e inquietudine. “Fu un uomo infelice – in questi termini ne parla il suo grande estimatore, Lino Angiuli – e la sua inquietudine fu dettata in primo luogo dall’abbandono della madre in tenera età”. Irrequietezza dell’animo ampiamente dimostrata dal suo perenne peregrinare. Visse, infatti, a Lecce, Firenze, Roma, Bari e fu anche in Spagna.
Inquietudine dimostrata, inoltre, dal suo non riuscire ad identificarsi in nessuna corrente letteraria. Odisseo in perpetua ricerca, fu prima futurista, dopo ermetico, e dopo ancora neorealista. Approdò, infine, al surrealismo, ed in proposito Lino Angiuli afferma: “Creò attraverso i suoi versi un altro mondo, vide la realtà trasfigurandola”.
Morì a Roma nel 1970 – a soli 56 anni – alcolizzato e in grande solitudine. “C’è chi riceve il mondo e lo lascia così com’è senza voler addurre cambiamenti e chi, invece, si ostina a modificarlo, e Bodini si collocava di certo fra questi ultimi”, continua Lino Angiuli.
Il poeta pugliese sentì constante il senso di una profonda mancanza nel Sud: “Sulla pianura del Sud non passa un sogno”. Nella sua poesia troviamo un territorio che si popola di riferimenti precisi, nel quale comincia a configurarsi un vasto pianeta simbolico.
Cocumula, piccola frazione in provincia di Lecce, diventa nei suoi versi un verbo: “La vita cocumula tra le pentole […]”. E quando un toponimo si fa verbo s’iniziano a vedere su carta i segni di una crescente genialità. Da Cocumula e, dalla provincia in genere, arrivarono per Bodini profondi stimoli culturali, tanto da fondare una rivista intitolata ‘L’esperienza poetica’.
Il rapporto con la sua Terra fu dialettico e conflittuale: “Qui non vorrei morire dove vivere/ mi tocca, mio paese/ così sgradito da doverti amare;/ […] divento ulivo e ruota di un lento carro,/ siepe di fichi d’India, terra amara/ dove cresce il tabacco”.
Tipiche sonorità pugliesi date dalla chitarra di Rocco Capri Chiumarulo accanto alle immagini pugliesi scelte da Mario Pugliese – splendido padrone di casa – accompagnano le suggestioni di una poesia trascurata, ma che non si vuole far cadere nell’oblio, perché – scrive Lino Angiuli in una lettera indirizzata al suo Bodini – “Quelli come te non riescono a morire!”.
Grazie di cuore a Fabio Guliersi per i suoi preziosi scatti e per la sua costante gentilezza nei confronti della nostra redazione.