“ATIPICO” SORTEGGIO QUADRO RENATO JAVARONE
Il giorno 11 agosto 2011, si è proceduto all’estrazione del vincitore dell’opera Strada di Orvieto di Renato Javarone. Una assegnazione avvenuta in sordina, che designa vincitore il fortunato possessore del biglietto serie B numero 6.
Una iniziativa promossa nella prima edizione di Gioia/Fiera, l’anno scorso, a cui parteciparono in tantissimi per acquistare il biglietto che avrebbe consentito al fortunato estratto di entrare in possesso dell’opera messa in palio, per l’appunto “Strada di Orvieto” di Renato Javarone, una delle preziose opere donate dalla famiglia del pittore scomparso nel 1960 al Comune ed esposte nella pinacoteca gioiese intitolata al pittore e inaugurata il 23 febbraio scorso (http://www.gioianet.it/politica/2462-resoconto-due-giorni-dedicati-a-renato-javarone.html).
Le opere sono oggi a Gioia grazie allo staff della Biblioteca comunale, impegnato in ricerche e contatti con la famiglia Javarone e all’impegno del professor Rocco Fasano cui è stata affidato il coordinamento del progetto e l’elaborazione di una presentazione dell’artista. (http://www.gioianet.it/cultura/1349-renato-javarone-rivelato-da-rocco-fasano.html)
I quadri in questi giorni esposti in una delle sale della Distilleria Cassano allestita in occasione di “Baccanà – Gioia /Fiera”, sono in bella mostra, a disposizione di tutti i cultori d’arte.
Peccato non aver organizzato nello stesso luogo delle conversazioni a tema o eventi per “raccogliere” fondi da utilizzare per il restauro di alcune opere, il cui degrado è impietosamente esposto allo sguardo degli astanti, ad esempio organizzando un concerto o uno spettacolo di danza con un biglietto di ingresso anche simbolico o – ancora – coinvolgendo Artensione e i suoi maestri Mario Pugliese, Sergio Gatti e Mario Lozito, presenti in fiera nella suggestiva location della “cantina” dello stabile, affinché – come in passato – offrano il loro contributo professionale alla causa.
Di seguito “Ritratti familiari” tratti da “Schede Sala Renato Javarone” della dottoressa Marzia Capannolo, per meglio comprendere il valore delle opere le cui foto sono visionabili nel sito del Comune (http://www.comune.gioiadelcolle.ba.it/cms/pinacoteca_comunale_renato_java).
Ritratti familiari
Stabilitosi ormai da tempo all’Uccelliera Borghese, durante gli anni Trenta Renato Javarone inizia a sviluppare un forte interesse per la ritrattistica che a partire dal decennio successivo vedrà protagonisti soprattutto i figli e la moglie Virginia, e che poi andrà ad interessare i vari personaggi che in quel torno di anni si avvicendavano tra i viali della villa. Nel 1934 Javarone sposò Virginia Pastorelli e dalla loro unione nacquero quattro figli: Giovanna, la maggiore, che nacque tra il 1934 e il 1936 (la data esatta attende ancora di essere confermata da riscontri documentari), Ugo che nacque a giugno del 1934 e che visse solo pochi spegnendosi il 6 gennaio del 1938, Paolo che nacque a settembre del 1938 e Luisa, la più piccola, che nacque nel 1942 e che è oggi – insieme al fratello Paolo – la depositaria degli unici ricordi sui trascorsi biografici e lavorativi di Renato Javarone. Il secondo dopoguerra fu segnato da importanti mutamenti sociali che trasformarono profondamente la città di Roma; dagli anni bui del conflitto bellico che avevano ridotto la popolazione alla fame e alla miseria, si arrivò alla seconda metà degli anni Quaranta durante i quali l’improvvisa crescita economica dovuta soprattutto agli investimenti stranieri sul suolo capitolino portarono Roma ad un’inattesa prosperità alimentata dall’ingente affluenza di visitatori stranieri.
In questi anni Renato Javarone riuscì pertanto ad incrementare sufficientemente le vendite delle proprie opere che iniziarono quindi a viaggiare in Europa su richiesta di committenze straniere. L’attività pittorica dell’artista nel secondo dopoguerra proseguì incessantemente grazie soprattutto alla clientela che giungeva a fargli visita nel suo studio dell’Uccelliera dove visse fino alla morte avvenuta nel 1960.
Nella fase di piena maturità l’attività si connota come fortemente segnata da una vena espressiva di forte intensità. La scelta dei soggetti, sempre più rivolti alla figura umana e alla ritrattistica evidenzia una necessità di indagine volta a scrutare quella stessa essenza vitale che dapprima era stata febbrilmente ricercata nella natura e nel paesaggio.
Il messaggio ultimo che viene dalle straordinarie testimonianze dei dipinti oggi conservati sembra essere necessariamente riferito al senso stesso della pittura come medium di avvicinamento all’essenza stessa della natura e della vita umana nascosta al di là delle sembianze.
Nelle opere che ritraggono personaggi della famiglia, Javarone pone l’accento sulla resa espressiva dei soggetti e tuttavia non sembra attratto dal dato psicologico, bensì dalla possibilità di rintracciare attraverso la ricostruzione cromatica e tonale delle fisionomie la scintilla vitale e primigenia che ne alimenta le fattezze.
Ne costituiscono esempi eloquenti i ritratti della donazione Javarone Rizzi di Gioia del Colle, tra cui il dipinto che raffigura una scena famigliare all’interno degli ambienti dell’Uccelliera Borghese riconoscibili dalla stufa e dallo scalone che si intravedono sul fondo presenti anche in altre opere dipinte nello stesso periodo. Il dipinto prende il titolo dall’iscrizione “Luisa in gabbia” apposta sulla parte superiore della tela che attesta una certa vena ironica con cui Javarone vuole descrivere la scena ripresa; se non considerassimo l’iscrizione, ad un primo sguardo, protagonisti apparenti del dipinto sembrerebbero essere la piccola cuginetta Anna in braccio alla zia Isa, moglie del fratello del pittore, seduta ad un tavolo da cucina e intenta ad impastare uova e farina; ma l’attenzione di Javarone è in realtà rivolta all
a piccola Luisa che dalle barre del suo lettino osserva incuriosita la scena a cui tuttavia le è impedito l’accesso. L’intervento scritto dell’artista sulla tela è in questo caso finalizzato a ricalcolare il punto focale della composizione consentendo allo spettatore di attivare un processo interpretativo che chiaramente porta a superare la prima impressione visiva e ad analizzare la dinamica dell’opera. L’artista indirizza la percezione del dipinto spostando l’attenzione sul margine della composizione dove compare l’ultimogenita, la figlia Luisa.
In quegli stessi anni, la piccola Luisa viene più volte raffigurata, e va evidenziato come nel genere del ritratto Javarone si confronti con le diverse età dei soggetti rappresentati, restituendo nella diversa resa cromatica, nelle differenze di tecnica esecutiva e nel diverso utilizzo della pennellata, l’essenza stessa dell’interpretazione del soggetto: contrasti accentuati, colori chiassosi, fisionomie impacciate nel caso dei ritratti dei figli durante la prima infanzia, maggiore morbidezza e levità della pennellata quando il soggetto ritratto è già più prossimo all’adolescenza, come nel caso della primogenita Giovanna, prematuramente scomparsa.
Nel magistrale dipinto che ritrae “Giovanna seduta alla finestra con in mano una tazza di tè“, l’artista intona delicate sinfonie di colore accese dalla luce chiara dell’estate e dal vaso di fiori freschi che esalta gli accordi delicati dei bianchi della veste della giovane. Lo sguardo di Giovanna, acuto e silenzioso, richiama l’attenzione dello spettatore che inevitabilmente resta a sua volta colpito dai bagliori di luce che si rifrangono nell’opera che rimane senza dubbio tra le più alte e magistrali tra quelli a noi note della produzione di Javarone.
Quando l’artista torna a rappresentare scene con più soggetti, come nel caso del dipinto che ritrae “La moglie Virginia che sorregge la piccola Luisa sul cavallino a dondolo insieme a Giovanna e Paolo“, la vivacità dei colori, l’alternanza dei gesti e il movimento degli sguardi, vogliono restituire la dinamicità del momento rappresentato.
Al 1937 appartiene il dipinto che ritrae “Il figlioletto Ugo” in carrozzina; nato nel giugno dello stesso anno, il bimbo visse solo sei mesi, ebbe infatti delle gravi complicazioni di salute e la notte del 6 gennaio del 1938 purtroppo morì. Il dipinto della donazione Rizzi che lo ritrae si distingue per una scelta suggestiva del taglio compositivo, la vista del soggetto dall’alto e in diagonale ne amplia la spazialità e ne rende particolarmente efficace la percezione. Ancora una volta la tela ci consente di ammirare la straordinaria capacità di Javarone di modulare i bianchi e di rafforzarne la suggestione grazie ai contrappunti cromatici dei toni lividi della carrozzina e i bianchi delicati delle vesti.
Un esempio della grande versatilità tecnica di Renato Javarone è costituito dal “Ritratto di famiglia” in verticale che rappresenta “Virginia e i tre figli “in posa per la realizzazione della tela. Il fondo della composizione, dominato dalla rigogliosa fioritura del glicine, è dipinto dall’artista con una tecnica che recupera la scomposizione divisionista del colore e la giustapposizione tonale impressionista; questo espediente mette i risalto la presenza delle figure in primo piano trattate invece ad accostamenti di pennellate più larghe e serrate. Da notare come nella parte inferiore della tela l’artista abbia avuto un qualche ripensamento sulla figura della piccola Luisa poi graffiata via per essere ridipinta.
La rappresentazione dei propri famigliari costituisce per Renato Javarone una preziosa occasione di osservazione e di ricerca; nella quotidianità dei gesti più comuni, e nella caratterizzata ricostruzione delle fisionomie, il pittore rintraccia la possibilità di osservare oltre il dato oggettivo da lui rappresentato, andando alla ricerca di quel quid di soprannaturale trascendenza che è insito nella natura e nell’uomo.
Nelle opere che ritraggono personaggi della famiglia, Javarone pone l’accento sulla resa espressiva dei soggetti e tuttavia non sembra attratto dal dato psicologico bensì dalla possibilità di rintracciare attraverso la ricostruzione cromatica e tonale delle fisionomie la scintilla vitale e primigenia che ne alimenta le fattezze.