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“ALMENO UN GRAMMO DI SALVEZZA”, NICOLA VACCA-foto

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nicola vacca buttiglioneIn “Almeno un grammo di salvezza” per Giulio Maffii “[…] una piccola bibbia di poesia dove trovare risposte o assiepare ulteriormente dubbi” – Plaquette edita “Il Foglio” presentata a Spazio UnoTre giovedì scorso da Nicola Vacca, “scrittore, opinionista e critico letterario” gioiese, da anni a Roma -, l’esegesi “in versi” di una tormentata catarsi ancora in divenire.

Fede e Ragione su due diverse sponde si specchiano, si inseguono, declinano nel paradigma di un’impossibile mediazione, il loro diritto ad esistere e coesistere nello stesso universo, nella stessa mente, nella stessa dimensione spirituale.

nicola vacca spazio panoramicaA stento arginano quel “conflitto di interessi” che sgorga e scorre tumultuoso nei versi del poeta che – pur “poetando” – tale non si definisce in alcuna nota.

Nasce da un casuale pretesto, dalla stesura di un saggio – reportage tra “poesia e sacro”, l’incontro con monsignor Ravasi, che donerà a Nicola la sua Bibbia commentata ed Enzo Bianchi della Comunità di Bose.

Grazie a loro e ad altri “illuminati” uomini di fede, l’autore potrà “attraversare le Sacre Scritture” senza tumulti, per approdare alla pace e alla quiete della meditazione e nicola vacca spazio pubblicoscoprire che “la notte di Dio non sempre è oscurità”.

Ed è nei versetti biblici che il poeta si rifugia e trova ispirazione quando la sofferenza e il disincanto si aggrumano, la “solitudine incalza” ed “entrare in una parola” può risultare vana fatica, nell’inferno di una stanza – metafora di vita – “piena di scatole in cui non sai cosa conservare”.

Una saggezza antica, ispirata ed ancor oggi attuale negli scritti di Isaia, Giobbe, Siracide, nei salmi, nei Proverbi ed ancora nel vangelo di Luca, nel Cantico francescano, in Aristotele… lame di luce che nicola vacca declamaattraversano inalterate millenni, intersecano il presente, e con “fotonica” precisione saettano verso il futuro, in significanti significati levigati dall’uso e dal tempo.

Nella oscura profondità di sedimentate riflessioni, la poetica si spoglia e si offre nella sua nudità all’interpretazione del lettore. Nella scarna esegesi di nutrite, sapienti letture, Nicola Vacca metabolizza e riduce all’essenziale il verso.

“Mastichiamo Apocalisse/non mangiamo/altro che distruzione […] né terre né mari/per la nostra zattera”, quindi “la nicola vacca declama2coscienza del vuoto” prende il sopravvento, “anche Dio sa/che il vuoto esiste […] a nessuno egli dice/come il nulla sarà sconfitto./Intanto pagheremo l’incapacità/di riempire il vuoto che ferisce.”

Certezze e nessun dubbio nel prodigio di “quel grammo di salvezza”, “concesso dalla preghiera che apre la mente”. E’ in questo metafisico spazio che “l’alfabeto di Dio si rivela” per comporre semantiche “speranze” e il cantico della “rinascita”.

Alla fine del buio/l’avvenire è un respiro freddo/la profezia è spenta/ la poesia è nicola vacca declama3muta”.

“La parola” incapace di esprimere e dar voce a tanto sgomento, si scopre “stanca” e “spenta è la carta/su cui si adagia/muto alfabeto.”

Nasce così la necessità di cercarsi e cercare “persone vere”, “il loro volto è lo specchio del cuore/accolgono gli altri nell’ascolto/chiedono scusa per gli errori/di chi sa solo giudicare.”

Quanto può essere difficile, frugando “tra le macerie”, ritrovare un volto amico, ferito nel passato ed oggi assente, ed ancor più scoprire in sé tracce sbiadite di nicola vacca spazio artistiantiche verità che il silenzio e la distanza velano di polvere.

“Si scava la verità/con la lingua della mitezza […] dovremmo essere la semplicità/che manifesta la fatica paziente dello spirito”, condivisione “poetica” totale e incondizionata da parte di Fortunato Buttiglione su questo assunto.

“Nicola Vacca muovendosi con circospezione si accosta al grande mistero dell’esistenza umana tra misticismo e stoicismo, rifugiandosi prima nelle letture profetiche, poi nel progetto salvifico di chi si è fatto verbo, ancora di nicola vacca declama4salvezza, preghiera. E’ necessario abdicare dalle questioni per ristabilire le voci del silenzio… ma il male è in agguato, le tenebre seducono…”

Nicola non ha dubbi, la poesia è “grammatica delle emozioni”, consente di comunicare e confrontarsi su valori e ideali, “monete” fuori produzione di questi tempi. A Gianni Ippolito che chiede se conoscenza e fede non siano in antitesi, (se vi è l’una, non ha ragione di esistere l’altra… a quale delle due dare credito?), Nicola tenta di rispondere con laico stoicismo e nicola vacca spazio pubblico2scarso riscontro.

Può l’uomo essere confinato nelle gabbie del “conoscere”, anch’esso perfettibile ed in continuo evolversi al pari della scienza di cui è verbo, o del “credere”, assimilato a mera e passiva condizione imposta dalle religioni e non consapevolezza (e quindi conoscenza) della scintilla divina che “illumina” l’oscurità che al pari della luce alberga nella sua anima?

Vito Di Fino con “nulla siamo e nulla sappiamo… di cosa parliamo?” provoca e sdrammatizza la metafisica quanto inconsistente contesa – essendo nicola vacca interventidichiaratamente laico il poeta ed altrettanto il suo interlocutore – quindi si lascia andare con sincera ammirazione ad osservazioni critiche di grande intuizione, sottolineando le strette analogie tra la poetica di Nicola Vacca e quella dell’assente Giacomo Leronni, al quale aveva dedicato una sua recensione su “Polvere del bene” – a suo dire -perfettamente “calzante” alla serata ed alle poesie di Nicola.

“[…] Bellissime e impossibili poesiea tratti enigmatiche e forse anche per questo seducenti, le parole si rivelano metaforici semi “sparpagliati tra i solchi dei versi” da cui traggono nuova linfa, nicola vacca musicista“preservati dall’umile polvere che pur svolge un ruolo importante”, sia essa coltre terrestre, polvere stellare da cui potrebbe aver avuto origine la vita o virtuale, impalpabile velo di abbandono, posatosi sempre più spesso sulle coscienze, tra ragnatele di pensieri e angoli oscuri di follia.

A rendere poeticamente magica la serata con interludi di suggestiva bellezza e trascinante esecuzione, Roberto Re David. Indimenticabile ed emozionante l’islamico “maqam” con cui ha sedotto il pubblico presente e il sottofondo alle letture poetiche ed allo stesso dibattito, acclaratamente ed empaticamente… in tema.

Scatti fotografici a cura di Cataldo Liuzzi che ringraziamo per la collaborazione.

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