“LE PAROLE RESTANO”, SE TUTTI POSSONO PARLARE-foto
Quando piove, il miglior rifugio per un lettore è un libro. Venerdì, 16 novembre, non poteva esserci miglior riparo dal maltempo dell’accogliente salotto de “La Librellula”, che in occasione dell’evento “Il corpo delle parole”, ha invitato i presenti a confrontarsi con l’autore Martino Sgobba sulle sue raccolte di racconti “Le parole restano” e “Il mare è soltanto acqua” [Giovane Holden Edizioni].
Sedie disposte a formare un cerchio, ad ognuno una busta chiusa contenente un frammento di racconto e, immancabili, le dolci bontà con cui le “librellule” sono solite coccolare gli ospiti, da assaporare con una tazza di thè caldo.
Nell’atmosfera intima e informale così creata, Onorina Savino guida i presenti alla scoperta delle parole di Martino Sgobba, sperimentando una lettura non più solitaria, ma condivisa. La riflessione ruota attorno all’urgenza di recuperare la dimensione autentica della parola, che sia svincolata dalle logiche del consumo, quotidiano e non.
Per dirla con Erri De Luca, assistiamo oggi a una “perdita di responsabilità” della parola, divenuta commerciale, funzionale agli interessi del mercato, quindi affrancata dal suo significato e dai suoi oneri.
Martino Sgobba sfida questa consuetudine ed emancipa la scrittura dalle parole del quotidiano, forzando il linguaggio narrativo con l’ambizione di oltrepassare la parola, guidato dal solo piacere di affidarsi ad essa, mosso dal desiderio di scrivere un racconto “che non significhi nulla”, in una sorta di concezione “autistica” della scrittura.
Ma, fa notare Osvaldo Angelillo, è proprio dal nulla che la parola nasce e significa, come dal nulla l’uomo è nato e si è fatto carne, imparando a comunicare, tramite la parola, le proprie impressioni sulla realtà. Per sopravvivere, per esistere.
La parola di Martino Sgobba è stata letta e commentata dalle voci degli intervenuti, in cui lo scrittore ha potuto ascoltarsi e specchiarsi, avviando con i propri lettori un dialogo che ha rovesciato il rapporto unilaterale in base al quale l’autore presenta il proprio libro all’uditorio. La parola è stata data davvero a tutti.
L’auspicio, in un momento in cui sempre più spesso vengono dette e dimenticate, è che quelle parole, dette nel caldo salotto de “La Librellula”, restino. E “siano fiore di ginestra, siano urna di memoria, siano sempre in fuga dal silenzio e pronte sempre ad arrendersi”.