TONI MARAINI CONQUISTA GLI STUDENTI GIOIESI-foto
Fosco Maraini il 15 novembre, giorno in cui ricorre il centenario della sua nascita, rivive nel Chiostro di palazzo San Domenico attraverso i suoi scatti in bella mostra nella sala Javarone, i ricordi di sua figlia Toni e dell’amico editore Diego De Donato, le riflessioni di Giuseppe Goffredo e le domande degli studenti di terza C, E e F della Scuola media Losapio, incoraggiati dalle professoresse di lettere Carnevale, Polverino, Russo e da Claudia Perrone, “tutor” delle loro performance fotografiche in concorso.
Splendidi paesaggi, fragranze e volti mediterranei in “Fosco Maraini, la Puglia e il Sud”, foto che potranno essere viste solo in orario di apertura degli uffici comunali fino al 29 novembre, essendo la sala “blindata” anche poco dopo le 20 nella stessa giornata inaugurale.
L’evento, realizzato grazie ad un progetto regionale e alla collaborazione con la casa editrice di Alberobello Poiesis, ha lo stigma di una prima assoluta. Infatti è l’unica manifestazione dedicata al centenario di Maraini nel Sud Italia.
Accoglie i relatori l’assessore alla Cultura Piera De Giorgi, perfetta ospite nonché coordinatrice d’istinto dell’incontro. Con agile prontezza riassume il concetto e con proprie riflessioni raccorda l’ultimo pensiero per poi porgere la parola al relatore successivo.
Toni Maraini, nata in Giappone a Tokio e lì vissuta negli anni della guerra, come testimonia la foto che vede sullo sfondo macerie e distruzione, lancia messaggi di pace.
“Più di ogni parola è l’esempio di vita che conta. Educhiamo i giovani alla pace, alla curiosità verso l’essere umano. Viviamo in tempi difficili e culturalmente poveri, aridi…Teniamo viva l’attenzione per la cultura!”
“Da Ricòrboli alla Luna” edito Poiesis ed inserito nella collana “le ossidiane” è una raccolta di brevi saggi in cui l’autrice documenta alcuni aspetti della vita e l’opera di suo padre, Fosco Maraini, riservando particolare attenzione al periodo tra gli anni ‘30 e ‘50. Testimonianze ed inserti di un contesto storico che l’antropologo “legge” attraverso la poesia e gli scatti fotografici, ma anche articoli giovanili su alpinismo e natura, viaggi e pubblicazioni quali Dren Giong (1939) e Lontano Tibet (1942) su Himalaya, Sikkim e Tibet, ricordi familiari.
“Non una biografia ma tasselli di vita sparsi, talvolta poco noti”, senza alcuna velleità di mitizzare il personaggio. La sua “voce” torna in messaggi rivolti ai giovani sulla bellezza della diversità delle culture del mondo, attraverso riflessioni sui tempi, sulle inquietudini di sempre, nella concezione “metafisica” di una natura che conserva intatta la sua purezza nonostante gli stupri quotidiani subiti dall’ambiente.
Toni si perde nei ricordi, racconta della sua bellissima mamma – la principessa Topazia Alliata, bionda, occhi verdi, pittrice d’avanguardia e donna di infinita cultura nata in Sicilia, in procinto di compiere 100 anni -, dell’avventuroso viaggio fatto da Maraini, tre giorni in moto su strade non asfaltate, per raggiungerla.
Ricorda il campo di concentramento di Nagoya, nel quale la famiglia venne confinata durante la guerra. Aveva solo tre anni quando in un rifugio, al buio, in pieno bombardamento, dopo una rovinosa caduta dalle scale fu salvata dal suo papà che non vedendola, tornò indietro. Non racconta del mignolo che Fosco si tagliò per conquistare il rispetto dei soldati giapponesi e poter avere una capretta e un pezzetto di terra da coltivare per sfamare la sua famiglia, in quei duri anni di esilio.
Diego De Donato, primo “editore” di Fosco – non a caso un pugliese di Città di Castello -, racconta come nacque la loro amicizia sui monti della Sila, le motivazioni che lo portarono d’istinto a proporre la pubblicazione della sua opera sul Tibet, pur avendo il suo papà solo una modesta tipografia – la Leonardo Da Vinci da poco acquistata a Città di Castello – e la nascita di un sodalizio durato decenni.
“Al ritorno dalla Sila consegnai a Bari, a Ficarelli, il rollino fotografico da sviluppare, ed egli mi chiese chi avesse scattato le immagini e si complimentò per la qualità degli scatti. Ricordo quando con Fosco ci incontrammo a Capua, dove ero in vacanza con un amico, Mallardi. Decidemmo di recarci a Salaparuta per gustare il “Corvo” (vino prodotto dalla tenuta degli Alliata) a bordo di una Olimpia – paragonabile ad una Audi di oggi – con noi c’era Carlo Levi, caro amico di Topazia. Fu in quell’occasione che Fosco fotografò la Calabria, la Puglia… era cittadino del mondo eppure amava questa terra più di ogni altra”.
Di Levi ha tanti ricordi anche Toni.
“Eravamo in auto con lui, io le mie sorelle Dacia e Yoko e la mamma. Levi aveva capelli lunghi, con dei boccoli. Quando arrivammo in paese i bimbi del posto ci circondarono incuriositi dicendo: “Curriti, u’ vapori… cinque fimmine inda a macchina!”.
Attraverso le domande dei ragazzi, alcune acute, altre “intriganti”, schegge di ricordi delineano un ritratto inedito di Fosco Maraini.
Toni ne ricorda la passione per l’alpinismo, per altro non condivisa anche perché “forzatamente” imposta nell’infanzia. “Papà mi legava alla corda e mi tirava su… ne ero terrorizzata!”.
Sulla sua poetica si innesta una riflessione. ”Il linguaggio è una sfida, le parole vengono da lontano, da posti diversi, le parole sono scrigni magici, non limitatevi a usarle solo per i messaggini… aprite un dizionario etimologico, vengono fuori delle storie… è una sfida”.
Alla domanda se essere cittadini del mondo, stranieri è una ricchezza, Toni risponde senza alcuna esitazione di sì. “Il mondo è mescolanza. Mio padre con il suo lavoro voleva gettare un ponte tra Oriente e Occidente, esaltando la reciprocità della differenza”.
Ed ancora sulle differenze tra foto d’arte e foto documento l’autrice ritiene che una foto documento ben fatta sia anche foto d’arte e che nulla vi è di più triste di una foto “rigida”, senza vita, come quella scattata ai bimbi artigiani distratti dal loro lavoro.
“Ricordo Fosco commosso nel fotografare una donna anziana, assorta in preghiera. Un raggio di sole le sfiorava il capo – afferma De Donato – , era l’immagine della fede semplice, ingenua. Fosco era religioso, ma la sua fede era rivolta alla natura, al mistero… ne comprendeva il valore e aveva coscienza dei pericoli generati dall’incomprensione tra le religioni”.
Conclude l’incontro Giuseppe Goffredo, che la De Giorgi introduce con queste parole: “Incontri come questo, con chi ha conosciuto la storia, ci trasmettono esperienze. Possiamo crescere se c’è chi fa un lavoro di tessitura e apertura a nuove realtà”.
“Occorre lavorare perché la qualità culturale sia alta – dichiara Goffredo – ne abbiamo necessità sia nel nostro territorio che nel mondo. Ci sono nuvole dense all’orizzonte, che non ci lasciano più tranquilli. La testimonianza di un uomo libero, intenso, forte… un poeta straordinario, in questo contesto storico è preziosa. Fosco Maraini non è una personalità che si inquadra tra gli intellettuali, è un maestro di vita, un grande… In lui troviamo una grandissima umanità nella quale si riconosce e tanta umiltà, senza abbandonare l’estetica.
La sua soggettività è aperta, plurale, include altre culture, visioni… Il Sud era chiuso e Maraini che aveva un’idea del Sud diversa da Carlo Levi, ne dipinge un grande affresco”.