UTE: CONCERTO PER RICORDARE IL DOLORE DELLA SHOAH -foto-
Umberto Saba, che bene conosceva il terrore delle persecuzioni razziali, nelle sue ‘Scorciatoie’, scritte a Roma nel clima della Liberazione, afferma: “Dieci anni ancora di fascismo, nazismo e razzismo e si regrediva al cannibalismo”. Ed aggiunge: “Majdanek è inespiabile”!
Majdanek è il primo campo di concentramento tedesco trovato dalle truppe alleate in Germania. I nomi dei campi di sterminio si sono scolpiti nella memoria e nella coscienza degli europei per aver inghiottito sei milioni di persone unicamente per la loro appartenenza etnica. Il più grande fu quello di Auschwitz, in Polonia, il quale fu in grado di eliminare parecchie migliaia di persone al giorno. Il 27 gennaio – giorno dedicato alla memoria della Shoah (sterminio del popolo ebraico) dal luglio 2000 grazie alla legge 211 – ci fu l’abbattimento dei cancelli di codesto campo di sterminio.
Nell’ambito delle iniziative dedicate al Giorno alla Memoria, l’Università gioiese della Terza Età, ha presentato, venerdì 28 gennaio 2011, presso il teatro comunale ‘Rossini’, il concerto di musica popolare ebraica ‘Yddish Songs’.
Ad introdurre la serata, Giovanni Addabbo, presidente dell’UTE, che ha ringraziato per la collaborazione attenta, l’Assessorato alla Cultura di Gioia del Colle, coincidente con la figura del Sindaco, il dott. Piero Longo, e l’avv. Lucio Romano.
Toccante è l’intervento di Sergio D’Onghia, professore di Storia Contemporanea dell’UTE, “La scoperta dei campi di sterminio rivelarono al mondo l’orrore del genocidio razzista. Un orrore che sfugge a delle motivazioni, che non è spiegabile”. Ed è questo senso di non risolto, questo senso di colpa latente che rende la shoah un dolore indelebile nelle nostre coscienze. “È una belva che fuoriesce nel botolo dell’anima. È un male supremo che galleggia nelle nostre anime […]”, così continua il professor D’Onghia.
Cita, inoltre, una delle pagine più pregnanti di ‘Se questo è un uomo’ di Primo Levi: “E venne la notte, e fu una notte tale, che si conobbe che occhi umani non avrebbero dovuto assistervi e sopravvivere. Tutti sentirono questo: nessuno dei guardiani, né italiani né tedeschi, ebbe animo di venire a vedere cose fanno gli uomini quando sanno di dover morire”.
E conclude affermando: “L’Italia fascista scrisse una delle pagine più indegne con la promulgazione delle leggi razziali. Le leggi antisemite furono indegne … e nei riguardi di quei milioni di esseri umani abbiamo l’obbligo morale di ricordare!”.
A tal proposito Giacomo Leronni, professore del corso di poesia, presso la medesima Università, afferma: “È come se volessimo richiamare le persone morte e renderle in certo qual modo vive […]”. Sceglie di farlo attraverso l’emozionante lettura di versi appartenenti a voci conosciute che hanno vissuto il dramma dell’internamento.
Bello è il momento del coro dell’UTE diretto da Francesco Lorusso. Intenso, infine, è il concerto dato dalla perfezione dell’esecuzione di Lucrezia Merolla, fisarmonicista affermata, e di Mariarosaria D’Aprile, gioiese di origine, e violinista di valore indubbio.
La bellezza della melodia, che solo gli strumenti ad arco sono capaci di rendere, accompagnata dal particolare suono della fisarmonica rende all’uditorio del Rossini la forza straordinaria della musica. Musica legata alla tradizione popolare del popolo d’Israele, popolo al quale non fu rubata solo la vita, ma anche la dignità. Popolo che si è ricordato con profondo rispetto e sobrietà.